Quasi per gioco.

Sta per concludersi l’anno di Leonardo Da Vinci.

Abbiamo dedicato a Lui una pubblicazione che recita nel titolo Pionieri, esploratori dell’ignoto.

Un titolo forse destabilizzante nell’era dei ruoli, della omologazione e della iperspecializzazione tecnologica e tecnicista.

Se oggi Leonardo si recasse in un’ufficio pubblico o al collocamento, alla domanda -che lavoro svolge?- cosa potrebbe rispondere?

Difficile, se non impossibile, la definizione.

Dovrebbe forse rispondere: Genio.

Curioso pensare che il Genius era per i Romani, la divinità tutelare della nascita.

Dunque saresti un genio se diventassi il dio che è in te dai tuoi natali, quello che ha protetto e inevitabilmente informato il tuo primo giungere.

Suona strano, oggi, dopo che qualcuno ha detto “Dio è morto”.

Ma il Genius è qualcosa di meno pretenzioso del Dio della religione monoteista, è entità che media tra il mondo visibile e il mondo invisibile.

Per dirla alla maniera scientifica di David Bohm, tra la logica esplicita, alias materia, e la logica implicita, alias energia.

Un genio decorre sul crinale che unisce i due mondi.

Il tutto diventa più familiare se si torna alla radice platonica, inevitabile per l’Occidente.

Esiste un mondo delle idee che è oltre questo a noi conosciuto, puro simulacro, e lo informa.

Forme prima che cose.

Le neuroscienze confermano: persino gli oggetti che vediamo, non li vediamo con gli occhi, ma con il cervello che attribuisce forme ad impulsi luminosi.

L’ultimo aiuto da Hillman: incarna il codice dell’anima chi diviene ciò che il suo seme è, la quercia della ghianda.

Chi permette al daimon, versione greca del genius, di prendere possesso e animare il suo sé.

L’essere geniali, allora non ha molto a che vedere con il cosa si ottiene, quali risultati, quali successi.

Nessun genio si è preoccupato di questo, moneta spiccia per commercianti della vita, che misurano il senso sul risultato.

Il genio cerca il daimon e l’invisibile nel visibile. Di nuovo, non l’invisibile degli spiriti, oggi così di moda, ma l’invisibile delle forme sottese al reale.

Guarda a quello che per gli altri è un limite come ad una strada da percorrere. Non importa dove conduca: pioniere, esploratore dell’ignoto. È colui che non pensa quello che tutti pensano.

AAA cercasi genio.

Ecco i requisiti:

Perdura nello stupore del fanciullo mentre guarda il mondo, senza diventare del tutto ragionevole, Schopenhauer.

Qualunque cosa sogna di intraprendere, la comincia, Goethe.

Non disprezza la sensibilità, Baudelaire.

La cosa peggiore che gli possa capitare è di essere compreso, Flaiano.

Non risolve problemi, li previene, sa fare cose semplici e non complicate, Einstein.

Lascia qualche traccia di zampetta come la lepre sulla neve, Montale.

Nel genio riconosciamo i pensieri che avevamo rifiutato, Emerson.

Quando un vero genio compare in questo mondo, lo si può riconoscere dal fatto che gli idioti

sono tutti coalizzati contro di lui, Swift.

Il genio non ha nuove idee, ma l’ossessione che l’idea già espressa non sia abbastanza, Delacroix.

Non è l’elevato grado di intelligenza o l’immaginazione a crearlo. È l’amore. Amore, amore, amore, quella è l’anima del genio, Mozart.

Sono un genio!, Anna, Elsa, Mirko, Niccolò, Andrea, Emma, Ginevra, Lucienne, Nura…. 2 anni, laboratorio di musica creativa.

Aspettiamo il genio di ognuno.

 

Maurizio Grandi e Erica Poli

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