Da In-signare: incidere, imprimere dei segni.

Il rizoma etimologico delle parole contiene la grazia del loro senso e una certa poesia che non può essere perduta.

Insegnare è nella prassi spiegare, fornire informazioni, trasmettere conoscenze o abilità…

L’etimo respira in qualcosa di più ampio e profondo.

Si può insegnare una materia, ma si insegna solo quella? O si insegna ogni volta qualcosa d’altro, un tragitto di esistenza, un versante collaterale dell’essere?

Si insegna quel che si sa o quel che si è?

Se insegnare è lasciare un segno, cosa lascia il segno?

L’umanità.

Famoso l’inciampo di Lacan: un insegnante entrando in aula inciampa e cade.

Tre chances di fronte alla inevitabile ilarità della classe: provare imbarazzo e cercare di fare finta di niente, arrabbiarsi per l’intemperanza degli alunni e punirli, oppure, sedersi con calma in cattedra, stravolgere il programma della lezione e parlare per un’ora di cos’è l’inciampo nella vita.

In quale caso il segno verrà lasciato? E quale segno?

Il segno della banalità, il segno dell’ingiustizia gratuita o il segno dell’esistenza?

Si può insegnare la Vita.

Unica strada: la Vita stessa.

La vita come metafora di insegnamento e apprendimento, dalla culla alla bara, un unico grande viaggio di coscienza.

Incidere segni nella mente, come l’uomo primitivo lasciava segni del suo passaggio d’esistenza sulle pareti rocciose di una grotta.

Un’atto profondo, potente. Primigenio persino.

Siamo qui per lasciare un segno. Nessuno escluso.

Una scuola che lasci un segno e in-segni a lasciare un segno. Questo è Apeiron.

Una scuola di Vita, sulla Vita, che trasmetta la potenza di quell’umano che in ogni sfaccettatura incide rocce che sopravviveranno al singolo, parleranno della sua vita fattasi simbolo e archetipo.

Non importa dove e quando.

Un giorno, dopo che i segni hanno disegnato le pareti della tua interiorità, sei tu a trovarti di fronte all’atto potente, pulito, di incidere il tuo unico, personale segno.

Non è presunzione, non è superbia di chi pretende di sapere, giacchè il segno non attiene al sapere, ma all’essere. È assunzione della responsabilità di esserci, è assunzione dello statuto di esistenza dell’essere umano, dotato di una coscienza che dialoga sospesa tra mondo esterno e mondo interno.

Il sapere e il fare subordinati all’essere.

Un insegnante non fa l’insegnante, è insegnante.

Un medico non fa il medico, è medico.

Un artista non fa l’artista, è artista.

Non per identificazione con il ruolo, ma per assunzione dell’opera nella propria vita.

Allora, quale che sia l’essenza, lascia un segno.

La sua presenza risveglia in chi apprende, in chi prende il suo segno, lo riceve nella pelle e nel cuore, il potere di lasciare il proprio.

Un segno nel cuore di chi lo trasmette, giunge a segnare il cuore di chi lo riceve.

La storia dell’uomo: una grande, potente, drammatica persino, storia di segni del cuore, da cuore a cuore.

Questo è l’unico insegnamento che consideriamo tale: solo dal segno del cuore discenderà inevitabile il pensiero della mente e il gesto delle mani.

Chi lavora con le mani è un operaio, chi lavora con le mani e la testa è un artigiano, chi lavora con le mani, la testa e il cuore è un artista.

San Francesco d’Assisi

Maurizio Grandi e Erica Poli

 

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