I diritti che hanno tolto il diritto alla conoscenza.
Le storie di oggi non iniziano da principio, prendono le ultime due pagine di Storia. E quelle bastano.
Quella d’Europa non inizia da Colei che, rapita da Zeus mutato in Toro bianco sulle coste fenice mentre coglieva peonie e azalee, aveva dato origine al continente, ma da una giovane e ignava Comunità che non ricorda più il proprio passato.
L’Europa era rete di scambi, traffici, mercanti e profumi.
La voglia di conoscenza oltre il mare “nostrum”, spinse fino all’ignoto Oriente e alla Cina, superando Alessandro, concludendo il primo atto di una vicenda iniziata 2500 anni prima, quando i popoli indoeuropei dall’Oriente avevano dilagato in Occidente, dividendosi in tre direzioni. I rami della discesa ariana al mare si ricongiunsero riconoscendosi nell’unica matrice (mater), il terzo che aveva avanzato dritto più in alto in Europa rimase isolato, almeno inizialmente. Il commercio fece di Roma il caput mundi, il mondo stesso, il centro di tutte le culture. Tutto ciò che di prezioso esisteva affluiva a Roma, come un’interminabile Esposizione Universale. Le spezie erano la parte più preziosa del carico di carovane e galere, trasformavano il cibo in delizia, salvavano la vita, rendendo il mondo migliore, preparando all’immortalità.
(Sulla Rotta delle Resine. Maurizio Grandi)
Oggi piangiamo la crisi dei valori, delle relazioni, ma siamo stati noi, che per tutelarci, in difesa dei nostri diritti, li abbiamo cancellati.
Dalla ricchezza dello scambio alla politica del consumo.
Dai mercanti, artigiani, produttori ai “professionisti”, “consumatori”, “distributori”.
Il rapporto di consumo vede ai due estremi opposti consumatore e professionista, in una “diseguaglianza legale” che rende impari la relazione: il consumatore, figura nata con una direttiva europea (n. 92/93/CEE), è la parte debole, detentrice di diritti; il professionista, con competenze e conoscenze sui beni e servizi che offre, gode di una posizione privilegiata (Art. 3 Codice del Consumo). Il consumatore è facilmente imbrogliabile, normalmente informato e (raramente) ragionevolmente attento e avveduto (Direttiva 2005/29CE), facilmente soggetto alle calunnie del professionista che potrebbe approfittarsi della sua ingenuità.
L’Europa, da madre premurosa, sguaina la spada in difesa dei Diritti dei propri figli:
- Tutela la salute dei consumatori e la sicurezza dei prodotti sul mercato, soprattutto alimenti e farmaci (art. 2 d. lgs. 206/2005);
- Obbliga a informare il consumatore (art. 5 d. lgs. 206/2005) attraverso:
- linguaggio chiaro, semplice, trasparente,caratteri e dimensioni leggibili sulle etichette,posizione visibile delle informazioni,
- indelebilità delle informazioni per tutta la vita commerciale del prodotto.
- Educazione al consumo (art. 4 d. lgs. 206/2005).
Ma:
- Educare, era arte socratica (ex-ducĕre “trar fuori”), non imboccare (in- bocca, mettere dentro), processo opposto. Lo studente è diventato passivo ricevente, non più attivo motore di ricerca e stimolo.
- Se l’etichetta parla (e si spera che il consumatore sappia leggerla), il professionista cosa insegna?
Il consumatore che acquista “beni di largo consumo” (alimenti, vestiti, cosmetici, ma anche farmaci) non si sofferma nel valutarne le caratteristiche intrinseche o le conseguenze dannose che potrebbero avere sulla salute nel lungo termine se non di buona qualità, ma ne sindacalizza la convenienza.
La qualità si può insegnare, ma chi è pronto a ristudiare tutto da capo?
Noi, ci siamo.
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Autunno 2024 – Etnocafé “Tra cibo e bellezza”