Etimologicamente , “phàrmakon” significa medicina e veleno. Il primo approccio dell’uomo con la malattia e con la terapia, e’ carico di segni, spesso non del tutto compresi. In ogni cultura malattie e rimedi hanno una comune origine divina. La figura centrale è l’uomo della medicina che conosce la via per interpretare e utilizzare i segni della divinità.

Attraverso l’osservazione e l’esperienza dell’ambiente circostante, seleziona gli  strumenti terapeutici, li modella, li trasforma e li tramanda. La droga maestra è una pianta enteogena ( generatrice –genos, di divinità –theos, interna –en), che porta la divinità che è in noi,con attività psicogena, spesso allucinatoria. A essa sono legati medicamenti, riti, misteri,  controllabili dall’uomo della medicina. La cerimonia è la chiave potente e pericolosa che apre la porta, rendendo accessibile la divinità che è in noi e intorno a noi.

Oggi si dice che agisce selettivamente sui recettori, con meccanismo dose dipendente, nel concetto malato di modernità. Le capacità sensorie e psichiche hanno bisogno di contributi “extra” che mantengano sempre più alti i livelli dei neurotrasmettitori e delle endorfine, come gli additivi che si mettono nel cibo, nella benzina per aumentare le prestazioni. Le droghe sono innanzitutto sociali, le loro proprietà chimiche ne hanno determinato lo sviluppo per poter vincere la competizione sociale o sportiva. Ogni giorno più impegnativa in un accelerazione senza freni.

L’ iboga è un arbusto perenne che cresce a forma di piccolo albero fino a 5/10 m di altezza che cresce nell’Africa Equatoriale. Le radici si raccolgono a bulbi di 2/10 cm, appena sotto la terra. Si estendono fino a 50/80 cm. Il colore delle radici fresche è giallognolo-marrone, essiccate grigie.

Verso la metà del diciannove simo secolo esploratori in Gabon riferirono notizie di una radice un grande rispetto tra i cacciatori, che lo impegnavano come tonico per combattere fatica e stanchezza quando era necessario far fronte a grandi stress fisici in guerre tribali e battute di caccia.

Griffon Du Bellay introdusse un campione della pianta (Cape Lopez) in Francia con l’etichetta “afrodisiaco-allucinogeno”. Nel 1864  Aubry- Lecomte scrisse: “un veleno,chiamato iboga,che non è tossico se non ad alte dosi e non essiccata. Presa in piccole quantità è afrodisiaca e stimolante del sistema nervoso. I guerrieri e i cacciatori ne fanno massiccio uso per restare svegli la notte,il principio attivo risiede nelle radici che si masticano come la cola”. Assumere iboga consente al cacciatore di raddoppiare la distanza della sua marcia ed il peso che può trasportare, gli permette di restare sveglio per molto tempo durante le veglie,per le battute di caccia. E’ un esempio della BIOMIMICA: l’uso della radice è stato “copiato” dai cinghiali nella foresta. I nativi li vedevano cosi come porcospini e gorilla,scavare e mangiare le radici, entrare in un delirio e saltare tutto intorno. E’ la stessa metodologia che Sabrina Kief del Museo di Storia Naturale di Parigi impiega dal gennaio 2007 nella foresta di Kibale in Uganda per individuare droghe ad attività antimalarica,antiparassitaria ed anti neoplastica (le medicine degli animali come medicina del futuro).Lo stesso uso della pianta fu riportato dal sud del Cameroon nel 1888. H. Baillon a Parigi e K. Schumann (1899) a Berlino descrissero la pianta originale come un nuovo genere: Baillon come Tabernanthem, Schumann come Iboga.
La radice dell’iboga è la sola Apocynacea conosciuta ed utilizzata come narcotico. La radice o la corteccia della radice macerata in vino di palma è usata in Guinea Equatoriale e Gabon,poco meno diffusa nel sud del Cameroon e nell’ovest del Congo e dello Zaire. Viene usata dalle società segrete e messianico-profetico per scopi religiosi-magici e per riti di iniziazione e terapia. Le più conosciute sono le sette Bwiti (culti Bwiti)[binet et al. 1972] tra i Fang in Gabon, Africa Equatoriale (RioMuni) e sud Cameroon, e la Ombudi Initiation Society tra i Mitsogo in Gabon [Gollnhofer and Sillans,1974]. Sono culti sociali, riti di passaggio per entrare nella vita adulta.

Il Bwiti dei Mitsogo, sincretismo del culto degli antenati, rivelato dai pigmei della foresta equatoriale (usato anche dai Mitsogo e i Bapinzi)  è riservato agli uomini che dopo l’iniziazione diventano  Padroni e Custodi del mistero della conoscenza  dell’oltre.  L’ iniziazione è indispensabile per la promozione sociale e l’ingresso nella tribù: gli individui incapaci di raggiungere il Bwiti ne sono banditi e considerato come una donna senza diritti.

L’iboga porta la prova visuale, tattile ed auditiva dell’esistenza inconfutabile dell’aldilà.
L’uomo appartiene ai due piani dell’esistenza, che confonde, non sapendo dove la nascita e la morte cominciano. L’iboga sopprime la nozione di tempo: il presente, il passato ed il futuro si fondono, l’uomo torna da dove viene.Il candidato del rito, scopre un’altra realtà, quella dell’altra vita, dove si accede al tempo della morte fisica e alla morte iniziatrice.L’iniziato ha visto, sa, crede, ma come ogni Mitsogo, non farà questo viaggio che due volte: durante l’iniziazione e il giorno della sua morte non prenderà nuovamente l’iboga nelle stesse condizioni. La pianta consacrata sarà utilizzata d’ora in poi, con parsimonia, solamente negli sforzi fisici.

Le radici di iboga cominciano ad essere farmacologicamente attive dopo in pianta  di quattro anni.
Il raccolto delle radici avviene scavando delle buche laterali, in modo da asportare solo una parte delle radici secondarie permettendo alla pianta di continuare a crescere.
La radice fresca viene solitamente scorticata prima dell’essiccazione, per da conservare unicamente la corteccia, contenente la maggior concentrazione di alcaloidi. La prima descrizione botanica avvenne nel 1889. Nel 1901 venne isolato l’alcaloide primario, chiamato in seguito ibogaina.  La scorza della radice essiccata contiene circa il 6% di alcaloidi dei quali l’ibogaina è il più importante.Forte stimolante era in uso dai colonialisti europei per resistere alla stanchezza e consentire la veglia durante le battute di caccia notturne. Ricerche farmacologiche sulle proprietà dell’ibogaina vennero eseguite soprattutto in Francia e portarono alla vendita di un estratto contenente 8 mg di ibogaina distribuito in Europa dal 1939 al 1970 come tonico e stimolante sotto il nome di “Lambarène”.

Grazie ai contatti europei con l’Africa tropicale, l’iboga divenne popolare in Europa ma in Francia e in Belgio i tonici basati sull’estratto della pianta intera erano già presenti dopo la presentazione pubblica della sostanza all’Esposizione parigina del 1867. Dalla metà degli anni ’60  il presidente francese De Gaulle ne riconosce ufficialmente lo stato di religione. I suoi membri sono “iboga eaters”. Il Dio Zame ye Mebege avrebbe tagliato le dita ad un Bitamu e le avrebbe poi piantate nella foresta, dove crebbe l’arbusto di iboga. Il cespuglio TABERNANTHE IBOGA contiene almeno 12 alcaloidi. Il più importante è l’ibogamina. Ciò che la caratterizza tra i numerosi alcaloidi dello stesso gruppo, è l’area del gruppo CH3O, 12, sulla molecola. Il suo impiego rappresenta un problema giuridico nei  tavoli delle Commissioni e i dei Convegni che si occupano della normativa dei prodotti utilizzabili per varie applicazioni alimentari,sanitarie e farmaceutiche. La difficoltà emerge riguardo alla pianta e ai suoi derivati nell’ambito della possibile qualifica di farmaco tonico.

L’argomento centrale nella definizione all’attività è farmaco, riguarda l’influenza di sostanze su sistemi viventi. L’ iboga contiene molecole dotate di attività funzionale. L’iboga è un farmaco.

Per l’OMS rientra nel recupero della medicina tradizionale, perché a tossicità nota e prevedibile. Per la normativa Europea sui farmaci tradizionali a base di piante la Sua commercializzazione in Europa del 1939 al 1970 ne aprirebbe le porte. Gli sportivi   che ne hanno accesso la utilizzano regolarmente.  I centri di recupero per i tossicodipendenti la impiegano spesso nel mondo in alternativa al metadone per eliminare la dipendenza. Ma dov’è il confine? Dov’è il limite?
Non certo nella morale, ma solo nella nostra ignoranza. In un organismo le reazioni   chimiche   non   avvengono insolitamente  e  indipendentemente, ma appartengono ad una determinata sequenza. Le collisioni cellulari, promosse, o no, da un certo agente,   coincidono con una sequenza ordinata di reazioni interne, posizionate negli spazi subcellulari.

Il concetto di farmaco prevede un’attività dinamica, cinetica e modulante che non conosciamo.
Un ambiente cellulare di cui non comprendiamo logica, ambientazione,determinismo. Applicare pedissequamente i criteri di validazione molecolari a matrici organiche   (droghe vegetali) o fitocomplessi (insiemi di sostanze di origine comune e azione   biologica coordinata) significa pretendere di aprire con una chiave una porta a riconoscimento digitale.
“ Tutto si può discutere e annullare con decreto burocratico, meno che la nostra appartenenza al “logos” biochimico che chiamiamo Vita. Così mentre alcuni  preparano i  vasi Pandora in cui rinchiudere le pericolose piante della medicina tradizionale, altri inventano, percorrendo strade inattese,i cavatappi che le libereranno”. (Marcello Nicoletti 12-07 Erboristeria Domani)

Ed ecco che l’industria se ne occupa in un’indicazione secondaria “lo sport” a grande ritorno economico,dimenticando come sempre le aree dalle malate orfane come la sindrome da fatica e la fibromialgia ignara di tutte le valenze che la mente (nel senso che all’etimologia ciascuno vuole assegnare) ha nella salute e nella malattia.

“L’industria   farmaceutica  condiziona  pesantemente il mondo medico a livello della ricerca, dell’informazione e della legislazione…L’industria ha sostanzialmente tutto il know-how e quindi il monopolio della produzione dei farmaci…

Il mondo accademico segue gli indirizzi dell’industria con aree di ricerca spesso inutili,ridondanti. Giornali,radio,televisione sono strumenti spesso invadenti delle strategie attraverso cui l’industria. Diffonde anche  quell’attività  che viene indicata   come educazione medica continua è gestita sostanzialmente dell’industria” Garattini Festival della Scienza 1/8 Roma. Nello sport è lo stesso.

Dobbiamo capire se oggi lo sport è fatto con il cuore e con il cervello o con muscoli.
Se è fatto con i muscoli è giusto escludere dalla competizione chi non ha le gambe per correre. Ma per fortuna esistono le Para Olimpiadi ed il fantasma di De Coubertin la Tabernanthe Iboga. In questo senso, può essere un senso.

 

Bibliografia

Aubry-Lecomte 1864: Notes sur quelques poisons de la Côte occidentale d’Afrique. Arch de Mèd Navale 2 264-265 Baillon, H., 1889:

Sur l’obonètè du Gabon. Bull. mens.Soc. Linnèenne de Paris 1, 782-783 Delourme-Houde, J., 1944:

Contribution à l’etude de l’iboga (Tabernanthe iboga Bn.) Thèse Doct.

Univ. Pharm.Paris. and: Ann.Pharm.Franc4, 30-36 (1946)

Gaignault,   J.C.,   Delourme-Houde,   1977: 

Les   alcaloides de l’iboga (Tabernante  iboga Bn.)

Fitoterapia,243-265 Gershon, S,Lang,W .L 1962:

Psychophar macological study of some Indole alkaloids 132,31-50

Haller A.Heckel E,1901: Sur l’Ibogine, principe actif d’une piante du genre Tabernaemontana originaire du Congo. C.r.133 850-855 Laboratoires Dausse SA 1968: Pharmacologically active Tabernanthe iboga extract Paris,R   Vairel,C,   1949:  De l’action physiologique de l’iboga et de l’ibogaine:effet sur la chronaxie musculaire. C.r228 436-438 Pouchet.   G,Chevalier   J,   1905:  Notes   sur   l’action pharmacodynamique   de   l’ibogaine. Bull.Gen.Ther.211

Post correlati