Cresce l’abuso di sostanze sintetiche tra i 15 e i 24 anni.
E i reparti per i disagi mentali si riempiono di ragazzi.
Sono ragazzini sbarbati che buttano giù pasticche di acidi come fossero Zigulì. Per provare chissà che.
E spesso, troppo spesso, si bruciano (letteralmente) il cervello. Con conseguenze che non si limitano a una notte di sballo ma durano per sempre. Le nuove droghe fanno impazzire, si mangiano i neuroni e costringono a convivere a vita con disagi psichici che, se va bene, si limitano a qualche disturbo della personalità.
In 40mila sono stati salvati nei pronto soccorso psichiatrici, quasi tutti fra i 15 e i 24 anni. Ma il soccorso non si è limitato quasi mai a qualche ora di osservazione. È diventato assistenza perenne, a base di sedute di psichiatria, farmaci, terapie infinite. Se si va a dare un’occhiata alle cartelle cliniche, si scopre che le dimissioni ospedaliere dai dipartimenti di salute mentale hanno una caratteristica sempre più diffusa: le diagnosi di problematiche psichiche vanno a braccetto con i disturbi provocati dall’uso di sostante stupefacenti. Negli ultimi quattro anni i casi sono aumentati del 2%. Questi dati trovano conferma anche «in piccolo», in uno studio su 273 clienti di cinque club romani, tutti fra i 18 e i 30 anni. L’89% ha ammesso di aver fatto uso di cocaina e il 78% di sostanze psicoattive, dalla cannabis «rafforzata» alle miriadi di varianti di anfetamine.
In che patologie o problemi si traduce questo abuso irresponsabile? In un aumento dei casi di violenza, in una maggior propensione al suicidio, in disturbi della personalità, in psicosi, schizofrenia, ansia e depressione. E anche quando il danno neurologico non è evidente, chi ha cercato l’euforia nelle nuove droghe resta «alterato» per tutta la vita, dipendente da psicofarmaci e medicinali.
«Avere un disturbo mentale aumenta significativamente il rischio di uso patologico di sostanze e, viceversa, il consumo di sostanze è un importante fattore di rischio per lo sviluppo di una patologia mentale» spiega Bernardo Carpiniello, presidente nazionale della società degli psichiatri. Un binomio esplosivo che nei prossimi anni vedrà i reparti dedicati ai disturbi mentali impegnati in una nuova battaglia. Per questo gli psichiatri mettono le mani avanti e chiedono un piano per far fronte alle conseguenze mentali delle droghe.
«Chiediamo un cambiamento profondo dell’operatività e dell’organizzazione sanitaria attuale – spiega il direttore del dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli-Sacco di Milano, Claudio Mencacci – che affida il settore della cura dei disturbi mentali e dei disturbi da uso di sostanze a servizi separati e indipendenti, quasi sempre operanti in modo scollegato fra di loro». Le nuove linee guida, secondo gli specialisti, dovrebbero scandire programmi più precisi e aderenti all’attualità, sia per gestire le urgenze sia per gestire i ricoveri ospedalieri (che siano volontari o in trattamento sanitario obbligatorio Tso). Inoltre servirebbero fondi per migliorare i programmi di formazione e preparare gli operatori ospedalieri che spesso non sanno come porsi davanti ai nuovi pazienti, figli delle nuove droghe. Un popolo di ragazzini che si compromettono il futuro per una bravata, che in un attimo cadono nella trappola di stupefacenti troppo facili da trovare, troppo economici. E spesso anche troppo difficili da identificare per il continuo mutamento delle formule chimiche che le compongono.