Articolo di Luchina Branciani

La ricerca storica, fonte di novità per il mondo contemporaneo?

prima parte

“Ecco faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia: non ve ne accorgete” (Is, 43,19)?

La ricerca storica, estesamente riferita a quella paleografico-filologica nonché all’analisi del manufatto archeologico, ci permette talvolta di sperimentare che il poter estrarre elementi dall’oblio della dimenticanza o della non-conoscenza, conduce spesso a comprensioni nuove: talvolta a scoperte sorprendenti.

In una realtà globalizzata e “super-informata” come quella in cui viviamo, ci si sta invece sempre più abituando a dare per “acquisiti” in quanto “sufficientemente noti”, aspetti – neppure poco importanti ! – della nostra esistenza, della storia e della cultura di cui siamo eredi! Anche nel mondo della ricerca – soprattutto in Italia, esclusi rari casi – molto resta da attivare o integrare rispetto a specifici strumenti d’indagine: l’avanzato livello dell’attuale alfabetizzazione informatica offre nuove possibilità tanto nella lettura sinottica dei documenti scritti quanto nell’analisi dei materiali…, ma spesso il discorso resta relegato (per ragioni diverse) a semplice registrazione/regestazione dei dati. D’altra parte, è noto come sforzi sostanzialmente residuali vengano compiuti per mettere in salvo e/o rendere fruibile un patrimonio culturale unico al mondo per quantità e qualità: tanto in riferimento ai beni librari-documentari quanto alle realtà territoriali (microcosmi naturali e/o musei a cielo aperto di siti con antichissime e complesse stratificazioni insediative).

Arriviamo in re.

riproduzione delle anse dell’epigrafe originaria di fondazione di Leopoli-Cencelle (datata al 15 agosto 854). Realizzata in botteghe di marmorari di età carolingia e incorniciata da una treccia viminea, sormontava la porta orientale di accesso alla città; sulle anse il monogramma di papa Leone IV

Riproduzione delle anse dell’epigrafe originaria di fondazione di Leopoli-Cencelle (datata al 15 agosto 854). Realizzata nelle botteghe dei marmorari di età carolingia e incorniciata da una treccia viminea. Sormontava la porta orientale di accesso alla città; sulle anse il monogramma di papa Leone IV: Leonis q(uarti) // papae // – Edita da L. ERMINI PANI-P. GUERRINI, in Forma e vita di una città medievale: Leopoli-Cencelle, Spoleto (CISAM) 2014, pp. 14-17.

Leonis q(uarti) // papae //

Se le radici dell’Europa si saldano, nei lontani secoli dell’altomedioevo, anche al movimento di quelle gentes che, superando il limes dell’impero romano (sul quale talvolta erano state dislocate con funzione di controllo) costituirono in nuce i cosiddetti regni romano barbarici, furono d’altro canto le invasioni saracene ovvero Saracenorum incursiones / vastationes (detti: Saraceni o Mauri o Agareni, a seconda di come i figli dell’Islàm vengono citati nelle antiche fonti) a determinare una netta mutazione dell’assetto culturale, economico-politico del bacino Mediterraneo e dei paesi che vi si affacciavano (la tesi dello storico belga Henri Pirenne [1862-1935], esposta soprattutto in Maometto e Carlo Magno conserva la sua sostanziale validità).

Alla violenza delle incursioni saracene, narrate anche in tutte le cronache dei grandi monasteri dell’Italia centro meridionale (si ricordano nel IX secolo, i saccheggi di Ostia, Roma e l’area di San Pietro in Vaticano, Subiaco, S.Vincenzo al Volturno, Montecassino, Farfa), fanno da efficace contrappunto le approfondite notizie storico-archeologiche relative alle importanti opere di fortificazione realizzate a difesa dei territori su iniziativa dei pontefici romani tra l’VIII e il X secolo. Aggiornati studi del settore hanno fatto luce in particolare sull’opera di papa Leone IV (847-855), cui sono ascritte ricostruzioni, fortificazioni e fondazioni soprattutto in ambito romano-laziale. Altrettanto significativa è la ricostruzione storica dell’invasione araba e della successiva sconfitta a opera dei Normanni in Sicilia (1071): qui le diverse etnie convissero poi pacificamente sino a quel regno di Federico II, che ebbe tra i suoi maestri e amici proprio eminenti personaggi arabi. Forte era stata nella prima metà del secolo VIII la risposta del Regno Franco nel combattere e vincere l’aggressore (si pensi alla vittoria di Poitiers nel 732): altrettanto lo fu l’impero di Carlo Magno quale campione della Christianitas. Nell’area limitrofa a Roma, ad esempio, si stabilì, tra il IX e il X secolo, la fondazione di una serie di monasteri fortificati su iniziativa congiunta da parte franca e pontificia (opera, questa, proseguita e portata a compimento nel X secolo dal princeps dei romani Albericus. Tra le torri e le città fortificate a controllo della costa laziale, ricordiamo (anche per le recenti indagini archeologiche), il sito di Leopoli-Cencelle, di diretta fondazione papale e la cui originaria fase fondativa della metà del IX secolo è ancora in parte conservata. I luoghi della cristianità distrutti dalla violenza nemica vennero ricostruiti con amore e gran vigore. Il coevo riconoscimento della Regola di san Benedetto per tutti i cenobi dell’Impero carolingio, a opera di Benedetto d’Aniane (ca. 750-†821) e secondo le norme dettate dal I sinodo di Aquisgrana (23 agosto 816, durante il regno di Ludovico il Pio [814-840]), costituì il fondamento spirituale, culturale, religioso, economico, sociale sul quale si incardinò il restauro dei monasteri e dei loro territoria. La riscoperta della cultura romana e greca (traslata anche attraverso il mondo arabo) produsse quei codici e quelle opere artistiche e architettoniche dei secoli IX-XI, che ancora oggi comunicano, a noi uomini del XXI secolo, un enorme bagaglio di vita, di fede, di speranza.

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