Si può percorrere l’Europa come un cammino iniziatico, seguendo il Rilke del 1899-1900 da Bolzano a Vienna a Praga a San Pietroburgo, Mosca, Kazan, Novgorod – quasi un ultimo pellegrinaggio a Oriente tra tante altre vie del tempo a Occidente: per Compostela soprattutto; o si può imitare il Rilke del 1913, da Ronda a Madrid, a Weimar, a Berlino, a Parigi, a Duino, a Assisi: «Dov’è chi trasformò tempo e ricchezza / in povertà facendosi così forte / da toglersi le vesti al mercato / per recarsi nudo innanzi a quelle del suo vescovo? / […] / Veniva dalla luce a più profonda luce / e serenità era la sua cella» (O wo ist der, …dal Libro d’ore). Rilke è forse l’uomo del Novecento che più ha cercato l’anima d’Europa.

Oppure si può pensare all’Europa come a un ricettacolo di sapienza: abbiamo iniziato con Erasmo e la sua casa a Anderlecht, vorrei concludere con Niccolò Cusano [Kues (Renania-Palatinato), 1401 – Todi, 1464].

La vecchia Europa è il rugoso manto di secoli che hanno palpitato di vita e di arte; sotto ogni nostro passo vibra l’eco di un desiderio sepolto, di un arco ancor teso, di una mano che dipinge.

Un viottolo che si perde tra i grappoli a raggiera del sambuco, e la stessa coscienza – nel tufo e nella vita – che solo scavando a fondo si trova il fondamento.

 

Carlo Ossola
13 agosto 2017

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