Nei giorni delle festività, c’è sempre qualche emittente televisiva che trasmette Mary Poppins. Dopo decenni che lo si guarda non ci si aspetta più nulla di nuovo, solo di rivedere qualcosa che già si conosce e questo è già un test per vagliare il proprio rapporto con il senso del tradizionale: noia dell’abitudine o piacere di un rituale che si ripete? I bambini, si sa, sono abitudinari, semplicemente perché conoscono intrinsecamente il potere dei rituali. Allo stesso tempo, sono maestri della sorpresa e dell’imprevisto .Il loro Dio è Hermes, Dio della bugia che è immaginazione, della velocità, della trasmutazione tra mondo di sopra e mondo di sotto, tra Terra e Inferi… Dio alchemico per eccellenza. Così, guardando Mary Poppins, ti aspetti le solite canzoncine, che alla fine sai che canticchierai lo stesso. Invece, magie dell’energia bambina, l’imprevisto di una prospettiva è dietro l’angolo. Perché, visto che la storia della Tata e dei due piccoli bambini, la sai già, puoi vedere qualcosa d’altro. Quel qualcosa d’altro non é quel che la Tata fa sui bimbi, ma quel che ottiene sui genitori… La prospettiva imprevista riguarda Mr.Banks, il papà. Non ci vuol molto a fare il gioco di assonanze del suo cognome con un mondo arido di conti e di denari. Per tutto il film Banks é così lontano nelle sue logiche dal mondo dei piccoli, dalla loro magia.Ma alla fine, lo ritroviamo a cantare la strana parola che non vuol dire nulla e trasforma tutto. La canta davanti ai banchieri che lo licenziano e alla fine il vecchio patriarca proprietario della banca muore dal ridere divertendosi come mai nella sua vita a tal punto che gli eredi faranno socio Banks. Un padre che torna bambino e porta la magia, il mistero e la loro leggerezza che non è superficialità, anche nel mondo di quella razionalità che si scambia troppo facilmente per adulta maturità. Una metafora di un risveglio interiore. Del resto Pamela Lyndon Travers, che creò Mary Poppins, forse per curare se stessa e le sorelle dal lutto per il padre e dalla depressione della madre, e far sí che la magia non morisse, era una studiosa di filosofia, dello zen e fu persino seguace di Gurdjieff. Nella magia di quel che guarda all’invisibile, al mistero, senza volerlo analizzare, ma magari cantandolo, c’è una cura, per l’individuo come per la società. I popoli primitivi antropologicamente sono i più interessanti, perché vicini all’infanzia dell’umanità, al suo animismo, che oggi riecheggia nelle intuizioni della scienza dei quanti, abusata ma tutto sommato utile per far tornare un po’ di magia nel mondo della mera produttività. Ci vuole un po’ di divino e un po’ di mito per scongiurare la fine delle relazioni umane, la logica di sola efficienza e commercio delle nostre società, la morte di un pianeta non più visto come vivo ma solo come fonte di risorse. Supercalifragilistichespiralidoso: e invisibili ali ti sollevano verso il mito, il rito e Dio da qualche parte dentro di te e nella natura. In una notte simile a queste, migliaia di anni fa, in questi stessi giorni, altri detentori della Magia viaggiavano guidati da una stella. Tra poco festeggeremo il loro arrivo al cospetto del Bambino. E il tempo sarà compiuto come ogni anno: una nuova occasione per omaggiare il Bambino. Magi che si inchinano alla magia e al mistero che il Bambino incarna. Nei primi giorni dell’anno, una buona opportunità per la riconnessione con queste logiche, che sono le uniche a portare l’oro, l’incenso e la mirra, non a caso arcani di guarigione anche per le cellule. Non si tratta di ricadere ancora una volta  nell’archetipo della vittima che in tanta psicologia, counseling o coaching d’oggi il bambino interiore sembra incarnare. Al contrario, questo tipo di energia richiede il coraggio di un balzo oltre la logica che vorrebbe ridurci solo alle funzioni economiche o organiche che siano. Chiede di essere Magi davanti al Bambino, dove il Bambino è la natura del mondo, con i suoi mari, le sue rocce, le piante, i frutti, le creature tutte. Un mondo infinito dove lo Spirito è tutto ciò che esiste. Al posto della magica parola, oggi abbiamo altri scioglilingua che però non sembrano aver avuto lo stesso effetto. Possiamo provare a dire psiconeuroendocrimmunologia ad esempio, ma non parrebbe sollevarci di un millimetro, seppure i suoi Natali siano attribuiti ad una scienziata, Candace Pert, che di magia della natura qualcosa aveva intuito. È stata una logica positivista a mangiarsi il potere dei concetti di connessione: così di nuovo ci siamo rimessi a studiare i meccanismi di funzionamento, di una macchina appunto, invece che le relazioni armoniche tra le vibrazioni e le danze dei sistemi. Siamo nei giorni dei Magi, torniamo al Bambino, al Mistero. Si può dire supercalifragilistichespiralidoso, si può dire Apeiron. Si può dire una parola fatta d’Anima, anche quella che si vuole. Ancora meglio, la si può cantare.


Erica Poli e Maurizio Grandi 

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