Il cielo è la cosa più affascinante che possiamo osservare e sulla quale indagare. L’incanto è nel mistero che lo custodisce: per quanto possiamo sondarlo e svelarlo, di nuovi emergono. Guardando la profondità del cosmo e dell’eternità ci accoglie come navigatori erranti, in un turbine di sgomento e di curiosità, alterniamo sentimenti di paura e di riverenza, affidando ora il nostro destino alle stelle ora l’animo alla contemplazione.

Cercare il nostro destino contemplando quell’immensità, a cogliere i segni di una promessa in quell’incessante ripetersi di moti perfetti nella sfera celeste.

Per i sapienti il cielo parla. Segni solo a loro noti. Messaggio di speranza, come in quell’anno, in cui essi “video” che qualcosa di straordinario era accaduto e si mossero. Una cometa, “un astro novo” apparve,

ma solo alcuni avrebbero saputo cogliere.

La storia è fermata in uno splendido sarcofago paleocristiano che le nebbie del passato ci hanno restituito per raccontarla, a Chi è capace di leggerne la trama. La sapienza ha linguaggio chiaro solo quando la deduzione e il rigore scientifico sgomberano il campo dall’ovvio, per arrivare alla natura profonda delle cose o del mistero creato per essere svelato solo da coloro che comprendono la chiave.

Nel cielo di duemila anni fa, scopriamo che il mito della capanna e della mangiatoia sono un’ indicazione astronomica che colloca la nascita di Cristo in un momento preciso. In cui la storia ha modificato il suo corso.

“Un palpito e un’emozione che non hanno bisogno di sapere se tutto ciò sia vero o meno: nascono dalla meraviglia del divino e del cosmo che divengono storia dell’uomo”. (Emanuele Pace).

“E’ una questione di modello di pensiero – di paradigma direbbe Kuhn- prima ancora che di logica e di metodo scientifico: se neghiamo la possibilità che esistano, finanche nelle tradizioni sacre e iniziatiche, conoscenze in codice oltre che in chiaro allora indaghiamo la storia dei fatti e del pensiero partendo da un preconcetto che ci porta a credere che il linguaggio scritto e/o esplicito sia sempre il canale più importante e veritiero, a discapito degli altri linguaggi e, in tal modo, anche del dialogo interdisciplinare.

<<l’arte è e rimane da sempre il luogo privilegiato oltre che epifanico delle tradizioni sacre, ricche di codici, allusioni e potenzialità nascoste>>

Un messaggio segreto può essere scritto sotto forma di enigma, ma più spesso, per non indurci ad indagare, è nascosto dietro un altro messaggio scritto in chiaro, I simboli, invece, vengono solitamente criptati sotto forme simili, corredate da una visione ufficiale del loro significato. (Teodoro Brescia)

Per un messaggio scritto in codice l’unica via scientifica è rimanere alla ricerca del codice per decifrarlo. E quando, si ha la fortuna di individuarlo, la decifrazione è un’operazione logico-matematica, il risultato è un’evidenza immediata.

La “stella” vista dai Magi era la Stella di Davide, il segno astrologico atteso per l’avvento del Messia, un doppio trigono simmetrico, che interessò quattro costellazioni: Toro (Bue), Vergine, Pesci e Cancro.

In quest’ultima costellazione sono presenti, noti dal IV secolo a.C., la “nebulosa” del Presepe e l’asinello (boreale e australe). Tutti elementi che danno vita all’allegoria della Natività.La stella si disegnò, a mezzaonotte dell’Annunciazione dell’I a.C. astronomico (2 a.C. del calendario civile). In realtà il giorno atteso per il segno era l’entrata dell’equinozio di primavera (mezzanotte tra il 19 e il 20 marzo); il 25, invece, come per il Natale, era il giorno dei festeggiamenti popolari al termine degli equinozi e dei solstizi. Un punto della Stella di Davide, quello nella costellazione del cancro, non fu disegnato da un pianeta, bensì da una “cometa” La Stella di Davide era parte di un codice di simboli sacri, una Tradizione comune di molte antiche religioni.

Maurizio Grandi

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