di Elsa Veniani

Chiara nasce ad Assisi nel 1194 dalla nobile e ricca famiglia degli Offreducci. 

La sua vita è innegabilmente legata a San Francesco, nel quale Chiara riconosce prestissimo una figura di riferimento a cui affidarsi per attuare la sua decisione di abbandonare i propri averi e consacrare la sua anima a Gesù.

Mi colpisce moltissimo la sua forza e determinazione nel voler perseguire ciò in cui crede, pronta a lasciarsi alle spalle ogni agio e sicurezza per inseguire il suo sogno di vita evangelica. 

E ancor di più mi sorprende il suo bisogno di essenzialità, quello che lei stessa definisce “privilegio della povertà”. Sembra impossibile riuscire ad accostare queste due parole.

Eppure proprio in questo periodo storico in cui una pandemia ci costringe rinchiusi dentro le nostre case, limitati nella nostra libertà di movimento, quasi a volerci far sperimentare il senso della clausura, questi concetti entrano d’impeto nella nostra quotidianità.

Ho sempre pensato alla clausura come a qualcosa che esclude, che rimanda ad un senso di chiusura verso il mondo esterno. Ma è pur vero che nulla può insegnare come ciò che si sperimenta in prima persona. Ed ecco che vedermi obbligata dentro uno spazio ristretto per così lungo tempo mi regala un senso di incredibile vicinanza a me stessa, ma al contempo una capacità di aprirmi in ascolto al mondo che mi circonda con un approccio calmo e quieto, lontano dai giudizi, dai commenti, dalle illazioni, dalle discussioni che imperano in quello spazio esterno che ho imparato a percepire da tutt’altro punto di vista. 

Quello che sembra un fuggire dal mondo è in realtà un’immersione totale in esso ma da un punto di osservazione esterno in grado di fornirmi una nuova prospettiva che altrimenti non avrei mai avuto occasione di poter cogliere. 

Ed ecco che allora tutto prende nuova forma e significato. Persino quella povertà di cui parla Santa Chiara e che definisce come un privilegio. “Ognuna viva secondo quello che è necessario”. Le sue parole non possono che risuonare ancora e soprattutto oggi. Sappiamo distinguere ciò che è necessario? Sappiamo riconoscere ciò di cui siamo schiavi? Siamo in grado di discernere ciò che è utile alla manifestazione del nostro Sé da ciò che la ostacola? E soprattutto, siamo ancora in grado di percepire il nostro sentire e di attuarlo in ogni nostra azione, gesto, parola o pensiero? Oppure agiamo in base a impeti che non ci competono, a credenze e convinzioni che abbiamo fatto nostre ma non ci appartengono?

In fondo la povertà di cui parla Chiara rende liberi. Ed è per questo che rappresenta un privilegio! Rende liberi dai condizionamenti, dalla paura del giudizio altrui, dal bisogno ossessivo di sicurezza, dalla necessità di riempirci la vita di cose materiali a voler rincorrere una felicità che non si riesce mai a raggiungere.

Rende liberi da tutto ciò che è inutile ma che ci siamo ingannati a percepire come essenziale! 

Ecco che allora questa povertà è veramente un enorme beneficio, qualcosa che libera dal superfluo per permetterci di manifestare l’Amore che incarniamo andando incontro alla vita. Una povertà che ci svincola da quei falsi bisogni di cui ci siamo riempiti l’esistenza pur di evitare l’ascolto del proprio Sé. 

Forse, in un momento di crisi economica che sicuramente dovremo sperimentare dopo il lockout che il Coronavirus ci ha prepotentemente imposto, la povertà di cui dovremmo preoccuparci non è quella che attiene alla mancanza di denaro, bensì la povertà d’animo che ci rende incapaci di empatia, di accoglienza, che ci rende orfani della Bellezza che la vita regala, che ci allontana dal manifestare l’Amore che incarniamo, rendendoci aridi, insensibile e distaccati da quel Tutto cui ogni cosa appartiene, in una ostinata posizione di difesa e di chiusura.

Ci stiamo pericolosamente e insensatamente allontanando da quello che dovrebbe essere il nostro anelito più profondo: amare ed essere amati. 

E come per la Samaritana nell’incontro con Gesù siamo convinti che l’acqua di cui abbiamo necessità di abbeverarci sia un’”acqua di cisterna”, che sentiamo il bisogno di difendere e continuamente riempire in un eccesso di consumismo sfrenato, in una continua rincorsa alla ricerca del piacere immediato. Ed è così che più ci riempiamo di oggetti, più diventiamo vuoti! Vuoti del nostro sentire e del nostro Essere. 

La vera acqua che può nutrirci può essere solo un’acqua di sorgente! Quella cui possiamo attingere continuamente perché inesauribile e che per questo non abbiamo bisogno di difendere, bensì di donare e condividere. É la sorgente dell’Amore che tutto pervade e magistralmente orchestra l’Universo intero. 

La Bellezza, la compassione, l’assenza di giudizio, l’empatia, la comprensione, l’indulgenza, la creatività, il rispetto per l’Altro e per ciò che ci circonda: questa è la nostra vera ricchezza! 

Credo che la crisi che stiamo sperimentando sia una chiamata alla quale tutti dovremmo saper rispondere. Nessuno escluso. E sarebbe meraviglioso se la risposta di ognuno di noi fosse mossa dalla stessa intuizione di Santa Chiara: quella di avere come unico privilegio il non possedere nulla se non l’Amore che siamo. 

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