Di Giorgio Nelli

Cara Ipazia,

Sono un uomo del terzo millennio appena iniziato, siamo nel 2020 D.C., sono tanti anni, eppure il tuo periodo, il tuo vissuto, ancora esiste come memorie impresse nel tempo da azioni e pensieri da te creati per quello che riguardano le tue vicissitudini a quel tempo.

Da bambino sognavo una macchina del tempo per viaggiare nelle epoche…

Così sono venuto da te con la mia macchina del tempo immaginaria, in cerca del tuo dire e delle tue esperienze.

Lo sai che come donna ancora oggi sei un riferimento importante per altre donne che ti conoscono attraverso libri che parlano di te?

Parole che ti descrivono e ti danno un grande potere, la prima donna scienziata che abbia avuto la possibilità della conoscenza in settori ritenuti avvicinabili solo dagli uomini. E le cose ancora oggi, non sono molto cambiate, in verità.

Ne sono passati di secoli prima che una donna potesse come te formulare nella sua testa il pensiero di poter essere una scienziata, perché la considerazione della donna nel tempo ha avuto alti e bassi, e bassi così bassi da essere decisamente drammatici.

Quanto mi piacerebbe sapere da Te come era vivere in quel tempo come donna filosofa e scienziata…

Come al solito mi interrogo sulla verità del tempo e la sorte dei vissuti.

“A Te che mi scrivi da un tempo che non mi appartiene, Uomo di un futuro che guardo dall’Uno in cui ho creduto e per il quale ho dato la Vita in Terra, voglio raccontare qualcosa, poiché io ancora sono, oltre quel che è stato.

Sono nata da una famiglia ricca, sono arrivata alla luce nel tempo che fu e sono arrivata, forse deludendo tutti perché non ero il maschio tanto desiderabile, ma una fragile creatura venuta al mondo dopo un parto estenuante.

Nasco sotto gli occhi di 4 donne che a turno hanno vegliato la mia venuta.

La mia infanzia è stata molto dolce, la mia genitrice tentava ancora con il consorte di avere il figlio maschio che non giungeva.

Solo dopo tempo, vennero accolti due maschi, eredi legittimi per quel tempo più di una femmina.

Poco dopo la mia infanzia mio padre stesso fece sì che notassi alcuni aspetti poco felici della condizione delle donne del tempo e dei loro doveri in assenza di diritti, verso l’uomo capo famiglia e detentore del potere della conoscenza.

Lui decise di istruirmi e di rendermi quella che sono poi diventata, una donna colta, intelligente e potentissima tanto da diventare pericolosa con il mio pensiero per il pensiero di allora. 

Acquisii tutto da mio padre e dagli amici di mio padre, ho passato tanto tempo ad osservare il cielo e a studiare la matematica, e tutto quello che di poco interessante fosse per una donna, per me era del tutto normale, i numeri mi parlavano, le stelle mi parlavano fino al punto da essere assorbita da essi, non ne avevo mai abbastanza e le complicanze apparenti, divenivano semplificazioni razionali come se avessi avuto accesso ad un luogo segreto del mio cervello tale da far diventare tutto logico, di una spontaneità spiazzante anche per mio padre stesso, con il quale all’inizio assimilavo e poi nel tempo discutevo di quello che vedevo io e di quello che in essere era la logica in lui.

Quello che è avvenuto nelle mura di casa mia, non ha avuto regole, ma solo principi che al di fuori di quelle mura, non erano purtroppo riconosciuti allo stesso modo: le altre donne non mi vedevano come una di loro, ma come una folle che aveva osato sfidare il costume e il posto che una donna avrebbe dovuto avere, il ruolo della donna in quel tempo, mentre alcune di loro avrebbero voluto essere come me, almeno libere di pensiero e di carattere.

Oltre ad essere istruita, la mia femminilità era molto prorompente, donna molto bella, e non solo nello sguardo, non facevo del mio corpo uno strumento, cercavo di essere nella mia spontaneità una donna semplice, anche se la bellezza con cui ero nata ha fatto patire tanti uomini…

Ho fatto tanto per essere comunque una donna del mio tempo, e tutto pur di sapere e pur di conoscere, sono andata a visitare templi per poter acquisire tutto quello che la mia domanda mi poneva, per giungere alla risposta a cui tendevo.

Non mi pento di quello che sono stata e nemmeno ho rammarico, per quello che l’ignoranza dell’uomo alla fine ha fatto abbattere su di me.

Hanno cercato inutilmente di portare a termine la mia venuta sulla terra, con una ingiustizia di pensiero che non mi ha sfiorato nemmeno dopo morta.

Ho la più profonda certezza che tutte le donne abbiano il potenziale che ho io, è solo questione di scelta: se essere solo un mezzo per la libido di un uomo o condurlo a vivere uno scambio di intelligenze.

E per una volta che sia l’uomo filosofico ad essere istruito dalla donna…

Ti saluto straniero del futuro, grazie per avermi pensata, chiamata, ascoltata.

Ipazia”

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