Alcune date hanno, da sempre, un significato particolare.
Il Natale che coincide con il Solstizio d’Inverno. Ed il Solstizio d’Estate che il cristianesimo è stato costretto a festeggiare con la celebrazione di San Giovanni perché era impossibile sradicare un sentimento così profondo nell’animo delle genti. Un santo cristiano, dunque, ma con riti e cerimonie che sono rimasti quelli dell’epoca pagana. Con i fuochi accesi dalla Grecia a Roma antica, dai territori celtici a quelli germanici.
Era la festa della mietitura, del grano che avrebbe permesso la sopravvivenza per i mesi successivi. La festa di Demetra e Cerere, ma in realtà anche di Diana e Artemide, facendo coincidere agricoltura e caccia. Ma la mietitura aveva anche un profondo significato simbolico. Era il momento del passaggio, della Krisis. L’eterno ritorno della natura, con il taglio delle spighe a chiudere un ciclo che sarebbe proseguito con la nuova semina ed un nuovo raccolto. Morire per nascere e rinascere per nuovamente morire. La spiga, certo, ma anche l’uomo. La spiga matura era il ragazzo che diventava uomo, il seme che aveva prodotto il frutto. Era il momento per valutare il risultato della semina e della cura dei campi così come si valutava il risultato della crescita e della maturazione dei giovani.
Un passaggio meno drammatico rispetto al Ver Sacrum che, in realtà, non era una prerogativa dei popoli italici perché, in forma diversa, era utilizzato anche da altri popoli indoeuropei per espandersi e per ridurre un eccesso di densità su un territorio limitato. La primavera più sfrontata, più aggressiva, più intraprendente. Mentre la mietitura era il momento della completa maturazione. Ma il cambiamento non era meno radicale. Passare dalla fase infantile, prepuberale, per entrare nel pieno della giovinezza e diventare protagonisti della propria vita e di quella della società.
Non più un seme, non più una spiga isolata, ma un covone, un fascio di steli di grano sormontati dalle spighe. Insieme per affrontare nuove sfide. Per trasformarsi nel pane che avrebbe alimentato ogni villaggio ed ogni città. Per trasformarsi in cittadini a tutti gli effetti, al servizio della propria gente. Per trasformarsi da spiga in nuovo seme, da adolescenti in nuovi padri.
E non poteva che essere il fuoco ad illuminare questo momento fondamentale di passaggio. Il fuoco che purifica, che cuoce il pane, che illumina il cammino e che brucia dentro ogni giovane uomo ed ogni giovane donna. Il fuoco che è vita e che, allo stesso tempo, può dare la morte. Perché come la Krisis è il momento della separazione, della lotta e della soluzione, così in un mondo legato alla Tradizione ogni aspetto contiene il proprio contrario. Giano chiude una porta e ne apre un’altra. Il Solstizio d’Estate segnala l’apice della luce e, al contempo, l’inizio del declino della luce stessa, sino ad arrivare al Solstizio d’Inverno quando le tenebre, al loro massimo, lasceranno spazio all’inizio della rinascita del Sole.
E l’adolescente che, con la mietitura, diventa un giovane uomo, inizierà il percorso verso la maturità e poi verso il declino. Lasciando però i semi che frutteranno nuove spighe e nuove vite.
Augusto Grandi