Erica Poli e Maurizio Grandi
Dal Vocabolario Treccani: Nemesi (gr. Νέμεσις, lat. Nemĕsis), personificazione nella mitologia greca e latina della giustizia distributiva, e perciò punitrice di quanto, eccedendo la giusta misura, turba l’ordine dell’universo. Con nemesi intende anche il riferimento ad avvenimenti storici che sembrano quasi riparare o vendicare sui discendenti antiche ingiustizie o colpe di uomini e nazioni, un avvenimento considerato come un atto di giustizia compensativa.
Anche il Coronavirus ha la sue nemesi.
Dalle piccole alle grandi.
Le piccole: le estetiste milanesi dicono che ci voleva il coronavirus per far ricordare alle signore della città che esistono i centri estetici italiani, visto che quelli cinesi hanno chiuso temporaneamente per “precauzione” e accorgersi che si trovano meglio a farsi fare la ceretta mezze nude in posizioni improbabili su un lettino da una donna del loro Paese.
Magie dell’identità.
Le intermedie: tutti a casa dalle aziende e si scopre che in smart working le persone lavorano meglio e producono pure di più. È di pochi mesi fa, nella sezione Scienza de l’Internazionale la notizia che una serie di ricerche dicono che il continuo team building aziendale, le continue riunioni, la scelta nell’assunzione di persone più portate all’estroversione che all’introversione, incidono negativamente sulla creatività che ha bisogno di un po’ di solitudine e raccoglimento.
Paradosso dell’isolamento protettivo.
La grande nemesi: il Corona virus ha abbattuto le emissioni inquinanti.
I cinesi lavorano a ritmi inferiori al 30%, il traffico é azzerato nel periodo.
Le emissioni di CO2 (100 milioni di tonnellate metriche) in Cina tra gennaio e febbraio 2002 sono passate dal valore picco di 160 a 12.
Le foreste ringraziano per prime. È loro il massimo contributo al benessere della razza umana.
È stato straordinario e fondamentale per combattere la povertà rurale e per la sicurezza alimentare. (Report on world forest UN. Cibo e Agricultura, 2016).
Da loro dipende il ciclo delle pioggie, l’equilibrio del clima, filtro del diossido di carbonio.
Al loro posto se non stiamo attenti, aree deserte o povere di vegetazione sempre più si sostituiranno.
La foresta riduce dell’11% delle emissioni globali di CO2.
Il ruolo delle foreste per la salute è stato riconosciuto dai capi di Stato e primi ministri di 17 Paesi, l’Italia non c’è.
Pronti a proteggerla, a riparare quelle danneggiate e promuovere uno sviluppo rurale a bassa intensità di carbonio. (Reducing Emissions from Deforetation and Forest Degradation).
Il mondo punta a dimezzare la deforestazione entro il 2020 e a cancellarla del tutto entro il 2030, anche le imprese l’hanno capito.
“Se volessimo potremmo riuscire a debellare per sempre il problema già nel 2020” (Marc Bolland ,amministratore delegato di Marks & Spencer, colosso inglese della grande distribuzione ,vicepresidente Consumer Goods Forum)
Invece: 2019, in fumo 12 milioni di ettari in Amazzonia. 27mila ettari in Congo. 8 milioni nell’Artico, 328mila in Indonesia.
Negli ultimi 15 anni il 3% delle foreste primarie è stato distrutto.
Magari il Coronavirus fosse l’artefice di una nemesi necessaria.