… da Stefano Salis.

Le riviste per bibliofili hanno qualcosa di esoterico, parlano di oggetti che sembrano ancora più strani di quanto già non lo siano e diventeranno in futuro.

Sbaviamo dietro alle nude descrizioni di libri, sempre più rari, nel mettere piede nelle librerie, i luoghi “fisici” dove il matrimonio tra lettore e libro viene celebrato con tutti i crismi. (Birds of America di John James Audubon, del 1838, magnifica, in tutti i sensi, le virtù dei libri di carta).

La genuina e benefica passione, l’amore per i libri: la “bibliofilia” nella sua accezione più pura, fiera, è finita.

Elegia sul ricordo, forse sulla malinconia e sull’inevitabile (inevitabile?) declino di un mondo di libri e librai come lo abbiamo conosciuto, amato, rispettato. Dal clima e dall’odore che, allora, immetteva nelle viuzze dove riescono in scale irte e infinite, in angoli bui, in scaffali segreti e banconi, le botteghe dei librai. Noi lettori siamo parte di un mondo da difendere, da ripescare.

“Magari un giorno qualcuno si prenderà cura di raccontare i sogni dei librai, perché immagino siano sogni vasti e pieni di oggetti, di aromi e sfumature e di dialoghi, perché i librai che vendono libri amano il dialogo” (Massimo Gatta).

Esattamente l’opposto del grossista d’oggi: i libri ce li ha, e tutti.

Non siamo Noi: noi sogneremmo essere “insieme”: il libro unisce, il libro è comunità.

Ma solo se e quando  lo facciamo essere tale.

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