Prima di cominciare ad entrare nel merito, di quanto tratterò in questo articolo, tengo a precisare che non ho nessuna preclusione pregiudiziale, verso la possibilità che si consideri la candidatura di Roma ai prossimi Giochi olimpici e quindi la sua elezione a sede definitiva di questo importantissimo evento mondiale, come una delle opportunità più rilevanti, forse la più rilevante nel breve periodo che si possa cogliere. Anzi è evidente che se gestito con lungimiranza equilibrio ma anche con coraggio (attenzione che queste parole non sono propedeuticamente messe a caso), il corpus di investimenti necessari a preparare la Capitale d’Italia ad accogliere la più importante manifestazione sportiva del pianeta, porterà ad una serie di ricadute positive non solo a livello di PIL e di immagine.

Altresì mi preme evidenziare, che considero fondamentale che la squadra di governo, relativa alla prossima giunta comunale capitolina, sia competente e di rilevantissimo spessore professionale. Ritengo però che anche se questo elemento è condizione assolutamente necessaria ad una buona gestione di Roma e delle sue questioni estremamente complesse, non è in sé sufficiente al raggiungimento degli obiettivi di un buon governo. Vedremo poi perché.

Ma torniamo alla questione delle Olimpiadi e lo facciamo, portando il nostro sguardo sulla vicina Penisola Ellenica.

Come sappiamo è ormai da anni che si parla del default economico e soprattutto finanziario della nazione greca (le due cose sono strettamente correlate ma non sono assolutamente la stessa cosa) e in riferimento a questo vorrei sottolineare un evento della recentissima storia europea ma non senza passare per una rapidissima serie di considerazioni socio-culturali proprie del nostro tempo.

Glo stadi abbandonati di Atene 2004 oggi ...

Glo stadi abbandonati di Atene 2004 oggi …

Per inciso devo dire che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere la Grecia (invero troppo poco sia dal punto di vista temporale che del suo territorio) e che la ritengo “l’Alma Mater” del pensiero umano, almeno quello occidentale. Anche se poi la storia ci ha consegnato testimonianze di come la cultura ellenistica abbia contaminato il mondo, ben oltre i confini del Mediterraneo.

Insomma è caratteristica peculiare del Popolo Greco, soprattutto alle latitudini più meridionali della penisola, quella di vivere spesso al di sopra delle proprie possibilità (elemento culturale in verità rinvenibile in quasi tutti i popoli del Sud Europa e dell’area del Mediterraneo) e in buona sostanza di fare spesso, finanziariamente parlando, il passo più lungo della gamba.

Ora lasciarsi andare ad un’analisi, anche appena sufficiente di questo fenomeno socio-culturale che come ripeto investe il comportamento di molti popoli e nazioni e che sta alla base e sostanzia un modello di consumismo compulsivo e compensativo, vorrebbe dire scrivere biblioteche intere di libri; che in realtà già sono state scritte ma che giacciono nel narco-sonno del ben pensare e del capitalismo dissipativo.

Quindi mi limiterò a far notare come le Olimpiadi di Atene, con la loro spesa consuntiva di oltre 15 miliardi di euro, che superò di gran lunga il preventivo economico-finanziario paventato, furono il “Canto del Cigno” della Grecia prima della sua definitiva entrata nell’area di default di bilancio. Direi che le analogie con la situazione di casa nostra, cominciano a stagliarsi all’orizzonte.

Ora va detto che per quanto riguarda Roma, la situazione iniziale vede la necessità di recuperare un passivo di bilancio di 14 miliardi di euro, moneta più moneta meno, per poter tornare a zero nella posizione debitoria (ovvero con il bilancio in pareggio) esattamente la condizione di partenza in cui si trovava la nazione ellenica appena prima di produrre lo sforzo “necessario” ad accogliere le Olimpiadi del 2004.

Mettere mano alla cassa per poter sovvenzionare i primi cantieri, almeno nella fase iniziale, comporterebbe la necessità di un ulteriore indebitamento del Comune di Roma, con il rischio quasi certo di portare poi nella sua spesa corrente costi consuntivi decisamente più alti. Oltre ai lievitati interessi sul debito da pagare. Va inoltre sottolineato come il ritorno di investimento previsto per le Olimpiadi del 2024, non sia pari neanche alla metà (forse addirittura un terzo) della posizione debitoria che si andrebbe a creare. In questo senso sarebbe decisamente più necessario e responsabile progettare una seria ristrutturazione del debito stesso (non di certo utilizzando prodotti ad alto rischio come quelli derivati e iper-stratificati) e magari rinegoziare le condizioni delle linee di credito utilizzate. Ma questo è un altro discorso.

All’inizio di questo articolo, come d’altronde anche nel titolo, abbiamo evidenziato una delle altre questioni che si ritengono fondamentali per la gestione vincente di Roma, in ordine alla soluzione di almeno alcuni dei problemi più importanti della città (non starò qui a citarli ritengo sia bastata la campagna elettorale) ovvero l’indiscutibile e riconosciuta competenza della squadra di assessori che accompagneranno il sindaco.

Penso che in primo luogo, quando parliamo di una buona amministrazione della cosa pubblica, non basta saper gestire le risorse e orientarle (competenza) ma bisogna improrogabilmente, visto che sono scarse veramente scarse, direzionarle verso il reale bene della collettività (etica), avendone una chiara percezione. Ma non basta! Bisogna inoltre attivare e portare avanti un potente processo di condivisione e consenso sia all’interno che all’esterno della squadra di giunta.

Risulterebbe estremamente velleitario concentrare la qualità della propria azione di governo principalmente sulla “filosofia” del “dream team” senza prendere in seria considerazione la iper stratificazione burocratica della pubblica amministrazione, sia a livello locale e nazionale, come anche sul piano europeo e internazionale.  Questa architettura delle istituzioni, impone un’inevitabile collaborazione dell’apparato acciocché diventino esecutivi e operativi provvedimenti che mirano realmente alla realizzazione di obiettivi che sono messi in fila, in base ad una scala di priorità probabilmente ora “abbastanza” lontana dalle olimpiadi del 2024.

Inoltre nessun manager o politico (in realtà nessuna persona) può essere preventivamente competente, generalmente l’esperienza per tutti si costruisce nel tempo con sudore sangue e gioco di squadra, e ogni esperienza anche se analoga alle precedenti è comunque nuova. Tanto più se parliamo di contesti governati da una profonda complessità, le cui caratteristiche sono spesso al di fuori del percepito di una classe dirigente particolarista e gerontocratica. E non sto facendo l’apologia del giovanilismo “rottamatore”, troppo spesso chiamato in causa quale panacea dei problemi del paese.

Risulta quindi evidente che è necessario, anzi di capitale importanza, valorizzare profondamente le risorse umane già presenti, le persone che costituiscono i vari dipartimenti e uffici dell’amministrazione capitolina, i quali operano trasversalmente e a prescindere dal colore politico della giunta, attraverso il coinvolgimento e la partecipazione collettiva al progetto di governare Roma. Un “empowerment” del pubblico funzionario, come anche dell’uomo della strada, orientato ad una cittadinanza attiva e alla visione di un bene comune più alto e più necessario, che non passa certamente dall’entrare nelle istituzioni “asfaltandole”.

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