di Elsa Veniani

Non serve essere qualcuno nella vita, serve essere sé stessi. È forse questo il più grande atto di coraggio e di forza che l’esistenza ci richiede. Qualcosa che risulta di difficile attuazione in questa epoca, dove le energie sono direzionate a cercare colpevoli e a scagliare giudizi, più che ad esprimere la propria Essenza. E se questo è vero per molti di noi, lo è ancor di più per chi si addentra nel mondo della politica. Un universo, quello della pratica del governo, che per una donna risulta ancora di difficile accesso, quanto meno a livelli che conferiscano un certo potere decisionale.

Ma la tenacia di voler esprimere sé stessi, nonostante le mille difficoltà, le critiche e le amarezze che il coraggio di essere coerenti con il proprio sentire a volte riserva, spesso ripaga, eccome!

Ne ritrovo un esempio in Jole Santelli, prima presidente donna a governare la Regione Calabria. Due su venti le donne presidenti di regione in Italia, a settembre 2020. Dal 2000 ad oggi 14 regioni su 20 hanno avuto solo presidenti uomini. Solo questi dati la dicono lunga sul machismo al potere e in merito all’invisibilità delle donne nei ruoli decisionali.

A causa di una malattia che non le ha lasciato via di scampo, Jole Santelli ha ricoperto solo per otto mesi la carica di Presidente della sua Regione. Forse troppo pochi per esprimere un giudizio politico, peraltro in un momento storico in cui una pandemia globale ha lasciato e lascia tuttora poco spazio per realizzare ideali e progetti in cui si crede e ai quali a lungo ci si è dedicati.

Ma le mie parole non hanno certo l’intento di esprimere alcun giudizio, bensì una profonda gratitudine nei confronti di una donna come Jole che era veramente interessata alla politica e non alla carriera. Determinata, decisa, rivoluzionaria, appassionata del suo lavoro, tanto da viverlo come una missione. Ma soprattutto portatrice di un femminile istintivamente rivolto alla cura e alla valorizzazione non solo dell’Altro, ma anche della sua Terra di origine, a tal punto da spingerla ad affidare a Gabriele Muccino un corto promozionale per la Regione Calabria, interpretato da Raul Bova.

“Un’opera magnifica che ci permetterà di far conoscere, come mai avvenuto prima, la bellezza misteriosa e piena di fascino di una regione unica al mondo” furono le parole di Jole, che ancora in merito alla sua terra così dichiarava: “La Calabra è un set a cielo aperto da cui far nascere un’industria dell’audiovisivo che deve diventare un sistema, non un bancomat per le produzioni che girano delle riprese in alcuni film, ma deve creare professionalità: sceneggiatori e scrittori, registi, attori”.

Una donna dedita quindi a promuovere arte e a diffondere Bellezza. Quella Bellezza di cui non solo non abbiamo più cura, ma che non siamo nemmeno più in grado di cogliere e quindi proteggere, valorizzandola. Eppure è proprio la Bellezza di cui l’Anima si nutre, è proprio la Bellezza che sospinge le persone a divenire artisti del proprio Sé con l’intento di regalare al mondo la propria unicità.

La politica non può e non deve, a mio avviso, occuparsi solo dei problemi di ordine pratico e risolvere le criticità cui è chiamata ad ottemperare. La politica può e deve occuparsi anche dell’Anima. Perché dall’Anima dovrebbe essere agita.

“Politica non è un mestiere, è un servizio. Ma nel senso di servire, non di servirsi o circondarsi di servi” scrive Marco Travaglio. Jole ha dimostrato di essere al servizio della sua Terra e della gente che la abita.

Ma c’è anche chi ha avuto tempo ed energie per criticare l’opera cinematografica così intensamente voluta da Jole, additandola come retrograda, antica. Eppure io, dentro quello che alcuni definiscono “antico”, ci ritrovo tutta la poesia che i gesti semplici regalano. Vi ritrovo un senso di umanità e di armonia, un’assonanza con i ritmi della Natura, una risonanza con le proprie origini e con la propria Terra, vi ritrovo la riscoperta della propria identità che rende unici e irripetibili.

Non ho nulla contro le critiche, ma sarebbe bello e quantomeno opportuno, prima di giudicare, anche solo provare a comprendere l’intento che ha mosso le azioni o le opere di chi ci stiamo accingendo a valutare. E qui, dietro l’agire di Jole Santelli, l’intento è grande! Perché ritengo che non ci possa essere nulla di più curativo e trasformativo, soprattutto in questo periodo di smarrimento cui la pandemia ci ha condotto, se non restituire il senso del Bello, della Natura e dell’Arte ad un’Umanità che sento in preda a un vuoto dentro il quale ci si agita inghiottiti dalla paura, come chi non solo ha smarrito la direzione ma nemmeno la sa più riconoscere.

Jole la sua direzione non l’ha mai persa. Nemmeno di fronte a una diagnosi di cancro. “La malattia ti dà tanti dolori, ma ti fa un grande regalo: ti fa conoscere la libertà, ti aiuta a non avere paura di niente, a non rispettare più le convenienze. La malattia, oltre alla disgrazia, mi ha dato la fortuna di essere libera e di sentirmi tale. E non ho paura del coraggio che serve, perché quello l’ho dovuto conoscere così bene che è diventato un mio amico fraterno”. Queste le Sue parole, il cui eco non può che continuare a riverberarsi nelle vite di chi, soprattutto in questo momento, proprio di libertà e coraggio per voler scoprire ed esprimere sé stesso ha davvero bisogno.

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