Articolo di Luchina Branciani 

La nostra civiltà contemporanea sta riscoprendo, a fronte di un’agricoltura avvelenata dall’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, la coltivazione del grano antico biologico… con la sua raccolta e lavorazione secondo i tempi e i modi dell’antichità.

In Italia non sono poche le aziende sparse sul nostro suolo, che anche quest’anno raccoglieranno grano antico: mieteranno e trebbieranno alla maniera dei loro antenati… al fine di preservare le caratteristiche organolettiche di un  prodotto sottoposto spesso a lavorazioni che lo depauperano delle sue molteplici proprietà nutritive.

Al contempo, in alcuni casi, si sta registrando il riuso di antichi mulini a pietra per favorire una macinazione idonea a proteggere la qualità e conservare le proprietà nutritive del chicco intero. I siti sono sparsi in tutta Italia: nei dintorni di Roma, è noto un mulino a pietra presso Castel Madama…

Arcinazzo romano: campo di grano

Mulini a pietra lungo i corsi d’acqua a regime torrentizio, stanno rinascendo come fari di una nuova coraggiosa economia della qualità… di recente è stato salvato a San Floro in Calabria, l’ultimo mulino a pietra di quella terra.

La mietitura e la trebbiatura tornano e diventare una festa per restituire il vero significato al rapporto dell’uomo con la terra: non solo utilitaristico, ma fatto di attesa, cura, rispetto e culminante infine nella gioia del raccolto: una rapida ricerca nei siti web restituisce una serie di luoghi che faranno festa, arricchendo il momento della raccolta addirittura con eventi musicali e letterari…

Raffigurazione di un mulino in una pergamena medievale, bacino Farma-Merse, Siena (foto: L. Branciani).

L’archeologia come scienza delle origini, ha fatto luce su molti aspetti delle antiche coltivazioni del grano,  sugli utensili agricoli arcaici e sul modo della trebbiatura un tempo fatta con l’aiuto degli animali sino alle macchine trebbiatrici della prima Era industriale. Sui mulini antichi, soprattutto di età medievale, ci si è occupati di recente in numerosi convegni e studi, stante l’importanza di tali manufatti nell’economia di quei secoli.

Le antiche pergamene medievali ci restituiscono spesso la descrizione dei mulini (che presentavano caratteristiche diverse: con ruota orizzontale i più antichi e ruota verticale) e i contratti utili alla loro gestione patrimoniale, dato che spesso erano possedimenti dei grandi monasteri territoriali o potevano appartenevano a uno o più comunità comunali.

Lungo l’alveo dei fiumi, i mulini provvedevano con le strutture relative al loro funzionamento a regolare il regime dei corsi d’acqua…: questi ultimi per la ragione che erano utilizzati a scopo “industriale” oltre che agricolo-pastorale, prevedevano una pulizia totale del loro letto, pena severissime pene comminate da chi era chiamato ad amministrare il territorio, che attraversavano. Quale ammaestramento per noi contemporanei, se pensiamo ai nostri fiumi e torrenti, nella maggioranza dei casi privati di qualsiasi manutenzione o ancora peggio resi discariche a cielo aperto…

I mulini erano veri e propri “centri di vita”: consideriamone la raffigurazione anche in quest’affresco quattrocentesco conservato nella cappella templare di S. Agostino, a Saliceto (nel cuneese), riproducente la  giornata di un “cavaliere”, il mulino ivi raffigurato  diventa evidentemente simbolo della comunità salicetese, nella colta età rinascimentale… Macinare la farina per produrre un elemento essenziale come il pane rimandava direttamente alla vita economica e culturale del castello o castrum: quale riferimento alla spiga dorata, che ogni anno puntualmente, torna a rinnovare il miracolo di Cerere, ovvero della Madre Terra, colei che, parlando con il linguaggio simbolico del mito, per far spuntare il seme scende nelle profondità per donarci con il suo ritorno, il frutto della vita che si rinnova.

Se l’agricoltura saprà ritrovare il senso più profondo e vero del rapporto con la terra-cielo e con i suoi frutti, proprio tale consapevolezza potrà essere l’anima di progetti non solo più illuminati e coraggiosi, ma soprattutto portatori di nuove, più efficaci forme di economia.

Nella foto:  Saliceto: cappella S. Agostino, parete sud, scene di vita di un cavaliere con il mulino al centro (foto: L. Branciani)

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