Contadini, pescatori, allevatori : la risposta per il futuro del cibo.

“Siamo noi giovani il futuro del cibo, e noi dobbiamo decidere come deve essere il futuro del pianeta” (Edie Mukiibi ugandese).

“Nel 2007 il mais ibrido, che gli agricoltori erano costretti a seminare in monocoltura, non resistette alla siccità e alle malattie. Occorre diversificare le coltivazioni e recuperare i semi tradizionali, adatti al terreno, resistenti alla siccità e anche ai parassiti”. Rispettiamo le nostre risorse: l’acqua, le montagne, la foresta, l’aria. Sono i fattori che rendono il nostro prodotto unico e dobbiamo averne cura. Dobbiamo ricreare le piccole comunità rurali ma anche per ricostruire il tessuto sociale delle aree agricole.
(Il Sole24 Ore, 4 novembre 2016 n. 304)

Colture sostenibili per rispondere alla domanda di cibo


A fronte di una domanda globale di cibo, che crescerà del 50% entro il 2050, l’unica risposta che il Pianeta può dare è quella di puntare sulla sostenibilità.
Che significa preservazione dei suoli con nuove tecniche agronomiche (precision farming), uso razionale dell’acqua, salvaguardia delle terre nei Paesi in forte crescita demografica, miglioramenti degli scambi commerciali internazionali grazie ad accordi in sede Wto e, in particolare, a una più equa ripartizione dei prodotti finali sui mercati.

Ci sono tuttavia due forti variabili sul percorso indicato da organismi internazionali quali Fao o Ocse.
La prima: la volatilità dei prezzi delle commodities alimentari che, già adesso, sta mettendo in crisi i coltivatori e gli allevatori di Europa e Nord America.
Dopo quattro anni di inarrestabile discesa, dal febbraio di quest’anno l’indice Fao dei prezzi agricoli mondiali ha invertito la tendenza.
A settembre ha registrato – continuando la marcia di crescita – un incremento del 2,9% su agosto e del 10% sul settembre 2015.
E non è un caso che i prodotti a maggior tasso di crescita siano
lo zucchero (304,8 punti a settembre 2016 rispetto ai 168,4 punti nel settembre 2015)
gli oli vegetali (172 punti rispetto ai 134,2 di un anno prima)
e i lattiero caseari (176 punti contro i 142,3 di settembre 2015). Mentre cedono terreno gli indici dei cereali e della carne.
La seconda variabile è dettata dal cambiamento climatico, che incide sempre più sulle quantità dei raccolti e quindi sull’andamento dei prezzi mondiali.
Zucchero, cotone, caffè, cacao, soia, mais, grano, riso, oli vegetali, latte e carne sono le principali commodities su cui si basa lo scambio mondiale tra Paesi produttori e Paesi consumatori.
E dal loro andamento, dalle quantità trattate, stanno emergendo quelle che saranno sempre più le indicazioni di un futuro in grande evoluzione.
Quelli che una volta erano i Paesi in via di sviluppo, oggi conoscono un migliorato tenore di crescita.
La domanda alimentare di almeno due miliardi di persone non è più di base, ma è evoluta a un livello superiore: sta infatti aumentando la richiesta di proteina di origine animale a discapito di quella di origine vegetale.
Cala la domanda di cereali, aumenta quella di prodotti trasformati.
E cresce di pari passo la domanda di frutta e ortaggi.
Tutto questo è stato possibile e sarà ancora più possibile grazie ai miglioramenti sociali e alimentari perseguiti in Sud America, nell’Africa subsahariana, in ampie regioni dell’Asia.
Alla crescita del Pil procapite e dei redditi, fa da eco la domanda di nuovi generi alimentari, non più primari.
«L’aumento dell’urbanizzazione e quello dei redditi sposteranno i consumi verso frutta, verdura e carni.
La produttività agricola nel mondo crescerà di conseguenza a un ritmo dell’1-3% l’anno», ha spiegato Piero Conforti, economista della Fao intervenuto al Dairy Forum organizzato a Bardolino (Vr) dal centro di ricerche e analisi economiche “Clal.it”.
L’Agenda Fao al 2030 prevede come obiettivo la sconfitta della fame nel mondo.
Il programma si basa – tra le altre cose – proprio sulla sostenibilità ambientale di cotivazioni e allevamenti.
Eliminare fame e malnutrizione non vuol dire distruggere territori e foreste per ricavare nuovi terreni coltivabili.
Significa, invece, utilizzare meglio quelli che abbiamo già.
Soprattutto nei Paesi dove la crescita demografica sarà maggiore: l’Africa soprattutto, che supererà la soglia dei 2,6 miliardi di abitanti al 2050.
La costante crescita della domanda di cibo sta però mettendo in luce non pochi disequilibri tra Paese e Paese e anche all’interno dei singoli Paesi, dove l’urbanizzazione spinta sta provocando diseguaglianze sociali tra popolazione rurale e nuovi cittadini.
Gli economisti Fao segnalano inoltre che saranno soprattutto Nord America e America Latina a incrementare il giro d’affari nel tradig di alimentari.
Al 2024 l’America Latina toccherà i 60 miliardi di dollari di valore dell’interscambio, il Nord America sfiorerà i 50 miliardi di dollari.

 

 

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