Erica Poli
Tra un Padre e una Figlia ci può essere l’infinito.
Forse nessuno come un padre può dare alla figlia il riconoscimento del suo potere.
Forse un padre lo può fare solo se intimamente ha riconosciuto e celebrato il potere del Femminile.
Se non lo teme e non lo vuole dominare, ma piuttosto lo accoglie, come guida delle profondità.
Nella nostra società il padre oggi perduto è anche la conseguenza di una versione deteriore del padre: padre padrone, padre giudice, padre violento nell’esercizio del suo predominio sulla moglie, sulla madre, sulla figlia, padre assente, padre ombra, padre caricatura dimentico dell’onore e del rispetto, prima di tutto dentro le mura della sua casa.
Padre che decide e impone o evita e trascura, invece che sorreggere e proteggere.
Non vi è dubbio che un padre e un marito del genere stiano meglio lontani.
Ma questa non è la sola versione del padre e del marito, anzi non è proprio qualcosa che si possa definire a giusto titolo padre o marito.
Finora il femminismo ha giustamente levato strali contro il sopruso di una storia patriarcale che non fa onore all’umano.
I femminicidi crescenti di anno in anno richiedono senza dubbio la denuncia e la condanna.
Manca però, forse, la stessa attenzione a qualcosa di potenzialmente più protettivo ed efficace: la prevenzione.
Il prima.
Se Ipazia è ancora oggi icona presa a prestito dal Femminismo, che dire del suo “prima” che è stata forse anche la ragione del suo “dopo”?
Nel suo prima c’è un uomo, Teone, filosofo, matematico e astrologo, insegnante e studioso nella grande biblioteca di Alessandria d’Egitto.
Era detto Il Divino, quale discendente della Divina Gens Potitia custode dei misteri della Sacra scienza di Eracles Invictus.
Immaginatelo in quell’epoca ellenica, stringere tra le braccia la piccola bimba che gli è appena nata.
Immaginatelo, appena più grande, cominciare ad istruirla, a portarla con sé, infischiandosene dei costumi e delle regole di un tempo, il suo, rispetto al quale era evidentemente ben oltre.
Immaginatelo trattarla da pari, vedere in Lei un’anima e una intelligenza da far crescere.
E poi vederla sbocciare bellissima, fiera eppure buona, intelligente e intuitiva persino più di lui.
E introdurla là dove a nessuna donna era permesso addentrarsi e far sì che venisse rispettata e riconosciuta per le sue doti.
Se Ipazia è Ipazia è anche grazie a Teone.
Per ogni Figlia ci vorrebbe un Teone come Padre.
Per ogni donna che incarni pienamente il potere misericordioso e profondissimo del Femminile ci vuole un Padre che lo abbia riconosciuto, rispettato, amato.
Se non un Padre, almeno qualcuno che quell’archetipo abbia incarnato, come un buon Maestro, profondo, scevro dalle facili sbavature del solito clichè sessuale, un interlocutore leale, pronto a coinvolgersi in una forma d’amore che è per l’anima.
E’ forse l’eterno gioco degli opposti.
Per crescere un uomo degno di quel nome ci vuole una madre che abbia accolto l’archetipo del maschile dentro di sé e per crescere una donna degna di quel nome un padre che abbia fatto lo stesso con il femminile.
Maschile e femminile: incrocio, congiunzione, sinergia.
Ipazia e Teone. Una figlia e un padre di secoli e secoli fa, così attuali, così innovativi.