Erica Poli
Ci conosciamo da tanto. Magari da prima del tempo.
Mi piace pensarlo.
Avevo 12 anni suppergiù e l’avevo trovata in un libro nella libreria della mansarda.
Era un libro di mia mamma, credo uno di quelli che usasse anche per i suoi studenti.
La storia della filosofia greca antica di Giovanni Reale.
Ne fui colpita: in mezzo a tanti maschi, una femmina.
Così chiesi alla mamma e fu allora che capii che la mamma era di certo una neoplatonica (avevo imparato il termine sebbene un po’ difficile per poterlo dire con orgoglio a scuola alle amiche).
Mi sembrava peraltro naturale che le idee esistessero prima delle cose.
Così Ipazia divenne una amica, anche perché a 12 anni non si ha l’idea dei ruoli e della deferenza, così non mi pareva un tantino presuntuoso, come magari potrebbe sembrare adesso, pensarla così.
Se fossi stata membro di una società segreta di certo il mio nome in codice sarebbe stato Ipazia.
E poi c’era la questione dei libri bruciati. Credo che mia mamma mi avesse risparmiato per allora il resoconto della brutale fine di Ipazia, ma quella dei libri no.
Mi pareva un delitto bruciare dei libri.
Li ho sempre amati visceralmente, amici in carta e ossa.
Con una compagna di danza, considerata l’intellettuale del gruppo, guarda caso fortissima in matematica, stavamo ore dopo la lezione a parlare dei libri che ci piacevano.
Una sera prima di salutarci, ci guardammo complici, fu come una promessa: “finchè c’è un libro, siamo vive”.
Ed è sempre ed ancora così.
Un libro è un mondo, un viaggio, un amico, un consigliere, non invecchia, non smette di parlarti. Si può rileggere e non è mai lo stesso. Penso ad Ipazia, che lottò per quei libri, negli ultimi tempi prima della sua morte li fece trafugare fino al porto per salvarli per mare, li nascose, li amò disperatamente.
Libri che portano almeno foneticamente il prefisso di libertà.
Libri che portano sapere, conoscenze, oltre chi li scrive, libri che sono democratici nel senso più alto del termine.
E qui penso ancora al grande potere di Ipazia, esoterica e pubblica al tempo stesso, eclettica, poliedrica, bella e intelligente insieme.
Lei forse riuscì nella sintesi degli opposti: studiare misteri profondissimi e al contempo essere pronta ad insegnarli a tutti o meglio a chiunque lo volesse.
Essere studiosa e politica, intellettuale e spirituale, donna avvenente eppure rispettata per il suo pensiero.
Mai come oggi Ipazia è l’ispirazione più pura.
Mai come oggi comprendo il seme di allora, nei miei 12 anni o suppergiù.
Soltanto, oggi, conosco la storia per intero, anche il pezzo che mia mamma in quel tempo preferì tacere. E questo non fa recedere, questo sprona a proseguire.