Erica Poli
Gli ultimi ritocchi agli articoli di Ongood in uscita oggi, tutti dedicati ad Ipazia.
Intanto i commenti sui vincitori di Sanremo e sulle canzoni in gara.
Inevitabile fermarsi un attimo a pensare.
Anni fa era uscito un libro intitolato Ipazia e la musica dei pianeti, di Roberta Torre, nel quale l’autrice immagina il possibile incontro tra un’adolescente della nostra epoca e la scienziata su un asteroide perso nell’Universo su cui la giovanissima astronauta Camilla viene mandata per cercare di registrare con mega microfoni la musica dei pianeti, lei che che la musica ce l’ha sempre nelle orecchie.
Così mi immagino un altro incontro sospeso nell’Universo proprio oggi dopo il Festival.
Sia Io che Ipazia saremmo fuori dal tempo e dallo spazio e proveremmo a guardare lo spettacolo della musica moderna, magari non la migliore disponibile, non me ne vogliano gli artisti stricto sensu che per fortuna abitano ancora il nostro Bel Paese, ma quella che dovrebbe rappresentare la musica popolare, cioè di tutti, della società, specchio del quotidiano del Paese.
Ora: io ho qualche imbarazzo anche solo ad immaginare di mostrare ad una donna che poteva sentire la musica dei pianeti, che percepiva l’armonia delle loro traiettorie, che fu musicologa ante litteram, quel che per fortuna non ho visto, ma mi hanno chiesto di vedere amici e allievi perché volevano il mio parere, per quel che vale, s’intende.
Ho visto a posteriori video di soggetti con qualche probabile confusione identitaria e di genere urlare parole sconnesse, seminudi e coperti di tatuaggi, sfoggiando tutine che potrebbero essere spaziali se non fosse che il tessuto è troppo poco per fornire adeguata copertura nello spazio siderale.
Ho visto altri personaggi con improbabili nomi artici e altri ancora gridare versi che credo proiettati nello spazio causerebbero la caduta di qualche meteorite se non fosse che per fortuna nello spazio non ci arrivano.
E così via.
Voglio ribadire il massimo rispetto per l’espressione di chiunque, naturalmente, anche se possibilmente in privato se viola la decenza.
Solo due riflessioni.
La prima riguarda l’estetica: Ipazia e tutti coloro che prima e dopo di lei sono ricordati per grandezza erano accomunati dall’amore per la bellezza, che oggi la neuroscienza ci dice non essere soltanto un fatto di piacere in sé e per sé, ma anche un fatto di ben-essere cerebrale.
Si potrà obiettare che non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace.
E qui veniamo alla seconda riflessione: la cacofonia, ad esempio quella urbana, e non mi pare che certe performances sanremesi, (perlomeno alcune, ma si sa la mela marcia fa marcire il resto del cesto) fossero lontane da essa, fa male alle cellule.
Le ricerche dimostrano, ad esempio, che musica non armonica, non simmetrica, aumenta significativamente il tasso di crescita delle cellule neoplastiche, che, val la pena ricordarlo, circolano nel nostro corpo e debbono essere riconosciute ed eliminate per mantenere la salute.
Dunque, a parte il fatto di vergognarsi con Ipazia, se è vero che fuori dal tempo e dallo spazio l’Anima vive, fatto che potrebbe anche non interessare a molti, resta la questione delle cellule che con microtutine spaziali e urla per far rumore potrebbero non stare tanto bene.