Neurocanto

Un piccolo racconto sull’Inno di Mameli

Erica Poli

Mia figlia adora l’Inno di Mameli. Lo ha sentito quando aveva circa un anno, fatto suonare quasi per gioco da un amico per intrattenerla in un attimo in cui appariva nervosa.

Da allora è diventato un rito.

I bambini sono abitudinari, si sa. L’abitudine all’Inno di Mameli mi è parsa una abitudine da coltivare. Così, a questo punto, di solito il sabato sera, arriva il momento dell’inno.

Chissà, sarà la musica di marcia a piacerle, mi sono domandata tante volte.

Certo che immaginare che da qualche parte lei sappia che è l’inno della sua Patria, quella per la quale il suo trisnonno ha lottato, il pro-prozio è morto in Libia, il bisnonno ha scampato per un soffio la deportazione, quella che ha accolto la trisnonna slava… ecco, immaginare che la sua anima lo sappia, non può che accendere una scintilla di commozione dentro. Un giorno le racconterò queste storie e le saprà, ma magari adesso, da qualche parte, nel suo DNA lei vi è già connessa.

E poi quando sarà più grande, quel tanto che basti non a lei, i bambini sono pronti a tutto, ma a me per essere capace di sostenere domande sulla guerra e la libertà, le racconterò come è morto Mameli.

Scrivendo di Cristina Trivulzio mi è venuto in mente.

Mameli, Cristina e la figlia di lei, Maria.

Strane convergenze di musica, madri, figli e figlie, patria e morte.

Il giovane Mameli morirà tra le braccia di Cristina, nel 1849 a soli 22 anni.  La Figlia Maria le sarà accanto mentre lo assiste per l’ultimo canto.

Quel decennio tra il ‘38 e il ‘48 sarà di una densità di vita privata e pubblica impressionante.

Bisogna andare con ordine perché quegli anni offrono uno squarcio nel cuore di Cristina dal quale forse intravedere l’intimità celata della donna.

In alcuni di quei frangenti pubblico e privato si toccheranno, si congiungeranno come mai prima e mai più dopo.

1838: l’anno del mistero. Cristina madre di Maria Cristina Vittoria Valentina, futura Maria Trotti Bentivoglio.

Sull’avvenimento, ancora oggi c’è mistero – le teorie si sprecano.

Che sia l’improbabile frutto di un fugace ritorno col marito?

Che sia figlia dell’intellettuale Mignet? O se invece fosse stata letteralmente ‘comprata’ dai suoi veri genitori, i signori Bolognini, ossia il segretario di Cristina?

Scandalosa Cristina… che non dice di chi sia la sua bimba. Ma, scandalosa o meno, come ogni madre, si lascia stravolgere la vita dalla piccola, dal naturale e sconvolgente miracolo che è.

Lasciamola tacere sull’unica verità.

Quel che è certo è che inizierà subito una battaglia legale ventennale, affinchè la piccola sia riconosciuta come Belgiojoso, e alla fine l’avrà vinta. Una vittoria costosa e beffarda, che comporterà la sottoscrizione della sua rinuncia a tutto il patrimonio dei Belgioioso, che, ironia della sorte, aveva lei stesso ingrassato con la sua dote nuziale.

Ma troppo importante era liberare Maria da un cognome di nascita che sarebbe stata la sfortuna di una intera vita.

Voleva come ogni madre che fosse felice e magari non ripetesse quel che aveva fatto lei.

Voleva che corresse felice nella sua Locate e per questo vi fece ritorno. Ma non c’erano compagni di giochi per Maria, solo bimbi malaticci e poveri, con occhi spauriti e sgranati più di quelli di Cristina e di certo non per seduzione, ma per paura e sofferenza.

 

Fu così che divenne riformatrice senza eguali: asili, scuole, mense, ospizi, infermerie, corsi di agraria, di musica … Mentre il Manzoni, insieme al coro dei detrattori che vedevano nelle riforme un’altra prova della sua pazzia, diceva “quando saran tutti dotti a chi toccherà zappare la terra?”

Intanto l’incontro delicato per le ferite del cuore: vent’anni, pallido, malato di tisi.

Gaetano Stelzi, le loro idee si specchiano le une nelle altre, pensieri, parole, balsamo per le tossi scuotenti di lei e le febbri e l’idropisia di lei. Un amore tacito, anche questo un segreto.

Papa Pio IX nel frattempo era salito al soglio pontificio come Papa liberale e patriota. Lui insieme a Carlo Alberto, nonostante il poco rassicurante nomignolo di “Re tentenna”, sono la grande speranza per la liberazione e l’unità.

Il Pontefice approva il governo romano, Metternich è costretto a dimettersi, Ferdinando II a concedere la Costituzione. Inizia il 1848. Cristina vive a Roma, con la figlia, Gaetano Stelzi e Miss Parker, che si occupa di Maria.

E’ in auge, la Belgiojoso, eroina della libertà.

Vorrebbe già volare a Milano verso la Rivoluzione, ma si trasferisce a  Napoli…

Napoli … “Napoli ha abolito la notte, torce, faville impazzite una intera città che canta, balla, inneggia alla libertà  “viva la costituzione!”

Milano chiama con le sue Cinque Giornate, Cristina parte, una nave di giovani al seguito…

Regala un’altra grande interpretazione al palcoscenico della vita, si offre ancora nel balenio delle armi infervorate.

Gli Austriaci non sono ancora sconfitti, Carlo Alberto tentenna, l’eroismo non è mica un obbligo e le promesse non sono eterne, e ridà Milano all’Austria.

Cristina di nuovo vestita a lutto, mentre il lutto del cuore si abbatte su di lei.

La prima vera lacrima della sua vita: Gaetano stroncato dalla tisi.

Quando Cristina deve riparare in Francia, col ritorno degli austriaci nel milanese, il suo palazzo di Locate viene occupato senza tanti riguardi.

All’interno sotto un ovale di cristallo giace Gaetano imbalsamato. Mary Shelley avrebbe potuto ispirarsi per una novella.

I gendarmi spargono voci orribili sulla principessa che ogni notte riapre la bara dell’amante mummificato e lo bacia. Ma era solo per continuare a parlarsi…

E’ il 1849, Mazzini e altri due triumviri governano Roma, una repubblica. Luigi Napoleone, amico di giovinezza di Cristina, nipote di Bonaparte, un tempo tanto dedito alla causa italiana, deve fare i conti con il divario tra ideale e reale, non appoggia di certo Vienna, ma almeno deve far finta di appoggiare Pio IX, che a Gaeta aspetta di riprendersi Roma.

Garibaldi è l’eroe del momento, da ogni dove arrivano coloro che vogliono ‘fare l’Italia’, e a Mazzini viene in mente un compito adatto a una donna – e perfetto per la capacità organizzativa di Cristina : direttrice degli ospedali di Roma.

Tra cancrene, ferite, morti, senza etere e senza ferri, oltre all’americana Margaret Fuller, e qualche anno prima di Florence Nightingale, Cristina chiama a raccolta tutte le donne romane.

Comprese le prostitute: insieme all’impudenza quanta pietà…

In 2 giorni 12 ospedali.

Arriva anche Mameli dagli occhi chiari. Cristina lo ha tenuto tra le braccia appena nato.

È Lei adesso, con a fianco la piccola Maria, a cullarlo per l’ultima volta.

Ha una gamba in cancrena, delira per la febbre della sepsi. Sembra un bambino, la sua innocenza donata per un ideale.

Lo culla, ancora, con tutta la dolcezza che può.

“Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l’Italia chiamò.”

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