Il banchetto di riconciliazione fra Gregorio VII e Enrico IV

Nonostante i digiuni mistici e le veglie,

“…creava una tavolata lungo tutto il piano. Il centro di essa, corrispondente alla sala del trono, poggiava su un’altra pedana rivestita di tappeti: qui avrebbero preso posto i suoi ospiti di maggior riguardo, fra i quali primeggiava l’arcivescovo di Chanterbury, che poi era un prelato a lei ben noto, Anselmo d’Aosta. Il selvaggio re normanno d’Inghilterra lo aveva mandato a tastare il polso delle cose pontificie: in un momento sbagliatissimo però, data la situazione di Roma. Lasciando alle sue dame di occuparsi di settori meno qualificati, Matilde, insieme con Atelasia, la sua gran coppiera, consultava puntigliosamente, su una carta che la dama aveva in mano, l’ordine delle precedenze dei convitati più importanti. Ne fu soddisfatta e diede il suo benestare. La coppiera passò ad illustrarle l’ulteriore organizzazione del convito. Aveva disposto che Folchetto, il celebre menestrello, cantasse solo per la contessa e gli ospiti di riguardo: nelle altre sale altri cantori, giullari e giocolieri avrebbero provveduto ad allietare i convitati. La gran coppiera aveva poi stabilito la successione delle portate. Pesche e uva per cominciare, poi quattro tipi di zuppe speziate di grasso e di magro: poi pasticcio di anguilla, trote, anguilla arrosto, gamberetti: poi caprioli, daini, cervi, cinghiali che sarebbero stati portati in tavola interi: poi pavoni e cigni rivestiti delle loro piume dopo la cottura, lepri e schidionate di uccelli di palude. Infine fave cotte, altre erbe verdi, ceci, riso con cannella, latte cagliato, pasticci dolci. Pane del più bianco e vini toscani e padani oltre all’immancabile Falerno. La Contessa corrugò la fronte. Le sembrava che alla magnificenza della sua tavola mancasse quel quid che le avrebbe resa veramente regale. Ma c’era da tener presente che dopo quattro anni di guerra le terre del suo dominio non erano tornate alla piena normalità.”

Al banchetto di riconciliazione fra i due sovrani, dopo che l’imperatore era rimasto tre giorni a supplicare sotto la neve a piedi nudi (1077), si mangiò per un’intera notte, le portate furono più di venti. La cena si aprì con zuppa calda di ceci, cui fecero seguito arrosti di bue aromatizzati alle erbe, selvaggina varia e cinghiale. Si racconta che fu servito un vitello arrosto intero che conteneva nel ventre pernici e fagiani. Ma quello che più stupì fu un piatto raffinatissimo: il biancomangiare.

Ricetta del biancomangiare salato

Ingredienti: Petto di pollo – riso – latte – zucchero – mandorle – lardo

Preparazione

Prendi dei petti di pollo cotti e fanne delle strisce il più sottili possibili.
Lava, poi, del riso, asciugalo e fanne della farina.
Passa questa farina al setaccio e diluiscila con del latte di capre, di pecora o di mandorla.
Metti a bollire in una pentola bel lavata e ben pulita: e quando comincerà a bollire aggiungi i petti a striscioline con zucchero bianco e lardo.
Attenzione al fumo e fa bollire a fuoco lento; questo piatto deve essere denso come riso.

Al momento di servire, cospargi di zucchero in polvere e guarnisci con mandorle sbucciate

Cesare Grandi

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