Di Patrizia Caputo

Il canto ha sempre accompagnato le mondine, che attraverso di esso esprimevano la loro ribellione, ad un padrone troppo avaro e severo e ad una condizione così faticosa e malsana.

Il canto era il compagno fedele, alleviava la fatica e faceva trascorre le lunghe ore immerse nell’acqua in modo più leggero e piacevole, come ci raccontano in un’intervista Carolina e Luigia che sin dall’età di 14 anni hanno lavorato come mondine. Intonando la canzone popolare “Lo spazzacamino”, tra una risata e un racconto ci portano là con loro, dove si trapiantavano le piantine di riso, dove le donne si raccontavano i proverbi, dove condividevano le esperienze della loro quotidianità, intrise di povertà e di segreti. Le canzoni che parlano al “cuore” ricche di doppi sensi e di magia. Carolina racconta che fino a 40 anni ha fatto la mondina e poi in dialetto ci dice; “Non c’era più riso”, l’hanno tolto con i pesticidi. 

La condizione della mondina ci porta a riflettere, su come il coraggio e la necessità di molte donne come Carolina e Luigia oggi sia svanito. Certo non abbiamo per fortuna bisogno tutte di andare a lavorare nelle risaie, ma di comprendere il valore profondo che queste condizioni così disagiate ci può offrire.

Abbiamo perduto il contatto con la terra, con le nostre radici, con le piante e gli animali. Siamo profondamente sconnessi dalla natura, che quasi la ignoriamo. Pensiamo a quanta bellezza si nasconde dietro la fatica delle mondine. Quanti sguardi, quanta umanità e quanta solidarietà c’era tra di loro.

Oggi la più parte vive nelle città, magari facendo un lavoro davanti ad uno schermo sterile e freddo, senza fatica ma anche senza contatto con gli altri. Pensate a quanta poesia ed emozione potevano condividere le mondine, i loro dolori, le fatiche erano comuni e portavano in sé una loro identità, un senso di appartenenza che le ha fatte persino gioire nel dolore. I loro canti lo esprimono molto bene. Sono ripetitivi, con una melodia e un ritmo molto cadenzati, sono semplici, proprio per accompagnare il loro lavoro, così alienante.

Oggi quali canzoni possiamo cantare, che esprimano con così tanto vigore il senso di appartenenza e identità? Anche i canti e la musica raccontano il cambiamento, la separazione e l’individualismo che ci caratterizza.

Le mondine ci parlano di unione, di appartenenza, di amore, di ribellione, di dolore, di sofferenza e di fatica, tutte compresenti come a dirci che la loro anima era nella loro dedizione. Sui volti di Carolina e di Luigia ci sono i segni del vento, dell’acqua e del sole, ma c’è la gioia di aver dedicato la loro vita al lavoro. C’era la fame, ma c’era la gioia di vivere!

Oggi ci siamo un po’ spenti alla vita, non sappiamo più gioire per un piatto di polenta, abbiamo troppo cibo e troppa abbondanza, soffermarci ad assaporare un cibo, richiede tempo e dedizione e non possiamo perdere tempo. Nel mondo di oggi come sappiamo, convivono realtà contrastanti di povertà e di ricchezza esasperate; siamo chiamati come le mondine negli anni ’40 a trovare una nuova identità e un rinnovato equilibrio. Noi donne abbiamo l’opportunità di creare una visione differente, che porti con sé il coraggio di credere nei propri desideri, che porti nella società un cambiamento fondato sull’amore per la vita e per il mondo e non solo per il profitto, a questo scopo il canto e la musica ci possono unire ed accompagnare esattamente come ha accompagnato le mondine.

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