Il silenzio non c’è mai. Suona sempre la Fabbrica.
Anche quando non gira a pieni ritmi, come fa ventiquattrore su ventiquattro.
Anche quando per una piccola porzione di tempo la obbligano a fermarsi.
E lei sbuffa, ansima, continua a respirare, come un gigante indomabile.
E il suo ronzio di fondo è il timbro che prima di tutto colpisce, entrando negli stabilimenti.
Come un mantra, come i bassi dell’organo in una cattedrale.

Nato dalla suggestione di robot produttori.
Il canto della fabbrica, scritto da Francesco Fiore.
Quindici minuti che raccontano una camminata nella fabbrica.
Non soltanto un’occasione di rievocazione nostalgica di fasti passati ma un segnale di un nuovo possibile ciclo di ricerca e sperimentazione che risponde, in un modo ancora non compreso da molti, a nuove sfide competitive per l’impresa.
Paradigma dell’Industria 4.0. Nuove frontiere di una produzione ad alta intensità tecnologica e ad altissima automazione, che trasforma in modo radicale tanto l’aspetto dei luoghi della produzione che il modo di viverli e di abitarli.
Pone interrogativi nuovi e urgenti sul senso di lavoro.
I processi di produzione diventano più complessi e astratti, come fanno coloro che lavorano nella fabbrica a mantenere una comprensione di tali processi.

C’è da augurarsi che il mondo industriale italiano cosi bisognoso di una nuova accelerazione visionaria, comprenda il senso fondamentale carotaggio di una realtà ancora inesplorata.

10 settembre 2017

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