Articolo di Luchina Branciani

/1a parte                                                        Cimabue: chiesa sup. d'Assisi, ritratto di san Francesco

In questo anno dedicato alla Misericordia come non pensare, rispetto ai segni dei tempi, a una delle figure che si staglia quale campione di straordinaria santità dallo scenario della storia universale: san Francesco d’Assisi (1181/1182-1226; fig. 1, il ritratto). Il santo in grado di parlare alla sensibilità degli uomini di tutti i tempi perché il suo è il linguaggio dell’Amore: per i suoi simili, per il Creato intero, per il Creatore che del “suo Amore ha riempito ogni cosa”.

Il santo giullare di Dio: non un povero illuso e visionario. Anzi: pienamente uomo del suo tempo, della realtà a lui coeva comprese profondamente, alla luce di un animo particolare, i meccanismi di potere che la governavano e trovò solo al di là di questi, anzi nel loro totale ribaltamento, la possibilità dell’uomo di ogni epoca di essere libero: di quella libertà che abbatte le barricate tra gli uomini e tra gli uomini e il divino di cui è permeato questo mondo meraviglioso.

Un uomo “pazzo per Dio”, che si decise per una cultura opposta all’imperante, ma che, al contempo, trovò le strade per innalzare la medesima sino al cuore di Dio attraverso la sua esemplarità: è così chiaro nel Testamento autografo, forse il più forte degli scritti di Francesco, ove l’assisiate insiste nel sottolineare la sua modalità di vita nel senso che come “con le sue mani aveva lavorato fino a lì con le stesse avrebbe continuato a lavorare sino alla fine …! Non…perché stakanovista ante-litteram, ma perché ciò che l’uomo fa con le sue mani, è quello che trasforma la sua vita ed è vivo per sempre in Dio.

Tanti erano i fratelli, laici, uomini e donne, chierici, cavalieri, cardinali, nobili di alto rango, persone semplici del popolo, insomma “il mondo intero…”, che cominciarono a seguirlo e ad amarlo profondamente: Lui era la Parola, che non ha bisogno di aggettivi per essere compresa: era semplicemente Francesco con tutta la sua incredibile capacità di accoglienza e amore perché non teneva niente per sé, ma tutto rimandava al Padre Celeste, l’unico che sa e può prendere tutto quanto sia dell’uomo e di quanto lo circonda…
Francesco da giovane, prima di innamorarsi di Madonna Povertà era stato un cavaliere: la Terra Santa la sua meta in quanto terra di origine del Gesù storico, da Lui stesso percorsa e amata e testimone della sua morte e Resurrezione.

Se per l’avventura miseramente finita nelle carceri di Perugia di un giovane Francesco cavaliere, rinviamo a quanto narrano le sue biografie, passiamo direttamente in questo nostro appuntamento al momento della sua vita quando, diventato …”figlio del Padre Celeste…”, volle cercare in ogni modo le vie e le soluzioni – compreso il martirio – per dialogare efficacemente con i Musulmani al fine di salvare la Terra di Gesù e restituirla ai Cristiani: …proprio quello che facevano i Templari dalla prima metà del XII secolo in Palestina: difendere la Terra di Cristo e accogliere e curare i pellegrini, i quali, da ogni parte del mondo allora conosciuto giungevano a Gerusalemme.

Francesco, appunto perché era santo, riuscì nell’intento e dialogò a lungo con il sultano: anzi ai suoi frati venne addirittura riconosciuta, in proseguo di tempo, la Custodia stessa di quella Terra…

Ma quello che qui vogliamo sottolineare è la comunione di spirito con quanto i Templari stessi operavano, loro che non si facevano mistero di avere tra gli amici fidati proprio musulmani e che, come abbiamo avuto modo di sottolineare più volte nelle scorse puntate su Ongood, tanti elementi culturali mutuarono da costoro in Occidente. In fondo anche Francesco giovinetto all’inizio della conversione, aveva scelto di curare persone: ma non i pellegrini, che in qualche modo rappresentavano uno status “riconosciuto della vita civile”, bensì i lebbrosi della sua città gli esseri tra i più emarginati della società medievale. A quel punto intraprese “con le sue mani”, l’opera di riedificazione della piccola chiesa di san Damiano (fig. 2): non perché fosse un povero poeta ma perché sapeva esattamente ciò che stava facendo e come aveva visto e udito interiormente dinnanzi al Crocefisso di quella chiesetta in rovina.

Il Crocefisso di San Damiano Ad Assisi a quel tempo è nota e attestata la presenza di Templari, così alcuni tra i cavalieri che seguirono Francesco verosimilmente dalle file dei Templari giunsero a Lui: è il caso assai verosimilmente di Angelo Tancredi, che studi recenti identificano con un cavaliere di Assisi e corrispondente a quell’Angelo di Rieti, che san Francesco ebbe tra i suoi più quattro più vicini insieme a Bernardo (o Masseo), Leone e Rufino. Dei quattro socii infermieri di Francesco ci parla la Vita prima di san Tommaso da Celano[1] la fonte più vicina alla realtà storica sul santo. Di fra’ Angelo lo Specchio di Perfezione ricorda: “…la cortesia di Angelo, che fu il primo cavaliere entrato nell’Ordine e fu adorno di ogni gentilezza e bontà[2]”. Della vita di costui si sa che prima di entrare tra le fila dei Frati minori fu al servizio del cardinale Leone Brancaleone di Santa Croce a Roma, presso Santa Croce in Gerusalemme, che come è nota era una delle sedi Templari nell’Urbe. La Vita seconda di Tommaso da Celano e altre fonti francescane attendibili narrano che Francesco, in visita a Roma venne invitato a restare in quella dimora in cui si trovava già Angelo Tancredi. Egli stesso suggerì a Francesco di prendere dimora, in una bella torre posta nelle mura della città, vicino al palazzo, molto ampia e spaziosa all’interno, con nove locali a volta dato che, a sua detta, lì avrebbe potuto restarvi appartato come in un eremo. Il santo però dopo una sola notte trascorsa nell’alloggio lo aveva dovuto abbandonare a causa di molti demoni che lo avevano battuto lasciandolo mezzo morto così da far intendere al santo che non era secondo volontà divina la sua permanenza presso il cardinale e da indurlo a ritornare già la mattina successiva a Fontecolombo, l’eremo legato alla sua operazione agli occhi e alla lunga vicenda della redazione della Regola francescana.

Scan0002Qui, a Fontecolombo, come in molti dei luoghi che il santo visitò, Francesco tracciò sul muro della preesistente cappella dedicata alla Madonna e a santa Maria Maddalena, sotto la finestra, uno dei suoi “Tau”, il simbolo della salvezza per tutta l’umanità: anche in ciò si riflette una particolare vicinanza con i Milites Templi¸ che come avremo modo di vedere meglio in futuri approfondimenti, abbraccia numerosi aspetti della spiritualità pauperistica di Francesco d’Assisi.

La croce simboleggiata nel Tau: lo stesso segno di salvezza, addirittura i segni stessi della crocefissione furono l’ultimo messaggio scritto direttamente sul corpo di Francesco, quando in cima alla Verna (in Toscana, nell’Aretino) ricevette le stimmate (1224).

La Sindone, come abbiamo già avuto modo di vedere, costituiva per i Templari la prova provata della Resurrezione di Cristo, nell’assoluta luce di quella immagine. Francesco provò sul suo stesso corpo la sofferenza e la luce di quella Passione per divenire, al limitare della sua vita terrena, alter Christus.

FONTI E BIBLIOGRAFIA ORIENTATIVA

1Cel = Tommaso da Celano, Vita prima s. Francisci, in Legendae s. Francisci Assisiensis saeculis XIII e XIV conscriptae, Quaracchi 1926-1941 (Analecta franciscana, 10), pp. 1-117.

2 Cel = Tommaso da Celano, Vita secunda s. Francisci, in Legendae s. Francisci Assisiensis saeculis XIII e XIV conscriptae, Quaracchi 1926-1941 (Analecta franciscana, 10), pp. 127-268.

2Spe = Speculum perfectionis maius (cfr. oltre).

FF = Fonti Francescane (cfr. oltre).

  1. A. Cadderi, Fra’ Angelo da Rieti compagno di san Francesco, Roma 1996,
  2. S. Clasen, Legenda antiqua s. Francisci. Untersuchung über die nachbonaventurianischen Franziskusquellen, Legenda trium sociorum, Speculum perfectionis, Actus b. Francisci et sociorum eius und verwandtes Schrifttum, Leiden 1967 (Studia et documenta franciscana, 5).
  3. J. Dalarun, La malavventura di Francesco d’Assisi. Per un uso storico delle leggende francescane, Milano 1996.
  4. C. Frugoni, Francesco e l’invenzione delle stimmate. Una storia per parole e immagini fino a Bonaventura e Giotto, Torino 1993 (Saggi, 780).
  5. C. Frugoni, Vita di un uomo: Francesco d’Assisi, Torino 1995 (Gli struzzi, 474).
  6. J. Le Goff, San Francesco d’Assisi, Milano 2000.
  7. R. Manselli, L’ultima decisione di s. Francesco. Bernardo di Quintavalle e la benedizione di s. Francesco morente, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo e Archivio muratoriano, 78 (1967), pp. 137-153.
  8. R. Manselli, Nos qui cum eo fuimus. Contributo alla questione francescana, Roma 1980 (Bibliotheca seraphico-capuccina, 28).
  9. R. Manselli, S. Francesco d’Assisi, Roma 1980 (Biblioteca di cultura, 182); 2a ed. 1981; 3a ed. 1982; trad. fr., Saint François d’Assise, Paris 1981.
  10. R. Manselli, Tommaso da Celano nella ricerca storiografica, in Tommaso da Celano e la sua opera di biografo di s. Francesco, Celano 1985, pp. 11-28.
  11. R. Manselli, Tommaso da Celano e i “Soci” di Francesco: la Vita II”, in Tommaso da Celano e la sua opera di biografo di s. Francesco, Celano 1985, pp. 74-85.
  12. R. Manselli, Tradizione orale e redazione scritta a proposito di Francesco d’Assisi, in Dal Medioevo a Petrarca. Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca, 1, Firenze 1983 (Biblioteca dell’“Archivum romanicum”, ser. 1, 178), pp. 17-27.
  13. G. Miccoli, La “conversione” di san Francesco secondo Tommaso da Celano, in Studi medievali, ser. 3a, 5 (1964), p. 775-792.
  14. P. Sabatier, Vie de s. François d’Assise, Paris 1894; trad. ital., Vita di san Francesco d’Assisi, Milano 1978.
  15. P. Sabatier, Speculum perfectionis seu s. Francisci Assisiensis legenda antiquissima auctore fratre Leone, Paris 1898 (Collection d’études et de documents sur l’histoire religieuse et littéraire du Moyen Age, 1).
  16. P. Sabatier, Lettera di Paolo Sabatier, in Miscellanea francescana, 7 (1898), pp. 33-35.
  17. P. Sabatier, De l’authenticité de la légende de s. François, dite des Trois-Compagnons, in Revue historique, 75 (1901), pp. 61-101.
  18. P. Sabatier, Actus beati Francisci et sociorum eius, Paris 1902 (Collection d’études et de documents sur l’histoire religieuse et littéraire du Moyen Age, 4).
  19. P. Sabatier, Etudes inédites sur s. François d’Assise, a cura di A. Goffin, Paris 1932.
  20. P. Sabatier e A. G. Little, Speculum perfectionis ou Mémoires de frère Léon sur la seconde partie de la vie de saint François d’Assise, Manchester 1928-1931 (British Society of Franciscan Studies, 13 e 17), 2 voll.

NOTE

[1] Sebbene spesso non siano nominati si è potuto risalire a tali personaggi attraverso la silloge con le altre fonti francescane: ad esempio, benchè la Vita prima di Tommaso non faccia i nomi di Angelo e Leone quando, morente, chiamò i due frati perché gli cantassero le lodi del Signore (1Cel 109,5), tuttavia è la Compilatio Assisiensis a dirci che si trattava di frate Angelo e frate Leone (Cass 7,9). Sempre la Vita prima contiene parole di lode di questi compagni di Francesco quando parla delle quattro colonne sulle quali si appoggiava Francesco, che, gravamente malato, affidò la cura della sua persona a “questi frati veramente degni della sua predilezione” (1Cel 102) (FF 499) (A. Cadderi, Fra’ Angelo da Rieti compagno di san Francesco, Roma 1996, pp. 34-39).

[2] 2Spe 85 (FF 1782).