Estratto dal diario di Viaggio di una nostra studentessa del Corso di Alta Formazione in Antropologia della Salute nei Sistemi Complessi, Asia Conti.
Gaziantep – 16 Gennaio 2022
Per sapere dove andare bisogna sapere da dove si viene.
Mi trovo in una terra che mi fa giocare con I sensi tra I colori del mondo, a
caccia, come sempre, di Anima. E non è un caso se dopo essere andata nel
cuore dell’Asia, dovevo guardarla in faccia, da una prospettiva altra.
Mi trovo a Gaziantep, una città dell’Anatolia sudorientale vicina al confine
siriano, a pochi chilometri da Aleppo.
Un crocevia tra i due mondi, l’Oriente e l’Occidente.
Ma prima che diventasse il loro e il nostro, unito da ponti e a volte da
punti, avevano una radice comune.
Da dove si parte? Dal prima del prima.
È più salace per me cercare la storia girando per strada, ma non potevo non
cogliere l’occasione per improvvisare una visita nel Museo del mosaico più
grande al mondo. Era tutto ciò che sapevo prima di entrare. Gli affreschi e le statue custoditi all’interno provengono da Zeugma, un sito romano di confine sull’Eufrate, risalente al III sec.
Lungi da me voler parlare di storia, di cui c’è scritto molto, e per fortuna.
Lascio l’ unica spolverata di curiosità all’ etimologia del termine, a propositio di radice, che significa appunto “la testa del ponte”.
Ogni mosaico raffigura un mito, trasuda di arte e di storia, per conoscere i
mille volti della cultura, non solo turca ma anche nostra.
Tante storie di miti, immagini, dei, animali, giochi di geometrie perfette e pezzi mancanti, ovviamente, i miei preferiti, in cui ho cercato di incastrarmi.
Quindi dopo la storia è iniziata la magia. Ho iniziato giocare con I mosaici,
geografiche associazioni sfiorano la mia mente, tra meraviglia e fantasia, li
guardavo da vicino e poi da lontano, cercavo la parte e inseguivo il tutto.
Ogni singolo pezzo, è unico, diverso, ed irripetibile .. ma soprattutto
indispensabile per la realizzazione finale del disegno.
E forse, dopo aver sfiorato l’insieme, dovevo ritornare dentro.
Ed è successo con l’ultimo mosaico “The Gypsy Girl”, ovvero lo sguardo di
una ragazza zingara, incanto eterno da duemila anni, divenuto non a caso,
simbolo sia di Gaziantep che del museo.
Data la preziosità del reperto, il mosaico è stato posizionato in una sala
speciale, lontana dagli altri pezzi.
Per enfatizzare il momento dell’incontro con questo sguardo senza nome
bisogna necessariamente passare attraverso un labirinto buio, che porta in
una sala svuotata di tutto ciò che non serve.
Solo una Musica classica veste il suono del silenzio. Che non va Capito. Va vissuto.
(Non sono sicura ma mi piace pensare che la musica fosse quella di un certo
Johann Sebastian.. ma tutti lo chiamavano Bach, ovvero “ruscello”. Ricordo
di aver letto da qualche parte che Bethoveen lamentava la piccolezza del
nome dicendo che avrebbe dovuto chiamarsi Oceano.
Forse invece è proprio perché ha inventato il modo con la sua musica di
Inseguire il tempo senza travolgerlo, che l’ha superato) .
Lì, proprio lì, sfondo di una sinfonia perfetta ho visto l’intero disegno dentro ad ogni singolo tassello. Scavando nei suoi occhi ho trovato i miei e ho incontrato quelli del mondo. Alle parole non serve sapere tutto. È l arte che unisce il vivere. Gli occhi raccontano e sorridono, anche se tu indossi un velo e io una mascherina.
Ho imparato che ogni cosa può essere
vista o guardata,
sentita o ascoltata,
sfiorata o toccata.
Ho incontrato
archetipi universali, per sogni diversi,
l’eternità di un segno, alla ricerca di un senso,
un labirinto di simboli che crea significati.
Ora posso tornare per strada,
a cercare tasselli e guardare mosaici, anche tra le cicatrici,
perchè penso che ai muri del passato servono artigiani del futuro.
Ah.. E Comunque
Mosaico, semantica vuole che significa “partorire”
Magari non sempre il Bello, ma sicuramente il Vero.
Conti Asia
1 The Gypsy Girl: si tratta di un mosaico di dimensioni inferiori rispetto agli altri, rinvenuto
nella sala da pranzo nella Villa di Menade seguaci mitologiche del dio Dioniso, datato II
sec. d.C.)
2 Etimologia del termine mosaico :come sostantivo, dal latino medievale musaicum
(attributo di opus ‘lavoro’), attraverso la parola musaeus o musēus, a sua volta dal latino
Musa ‘Musa delle arti’; come aggettivo dal nome del patriarca biblico Mosè, in ebraico
Moshè. Un’origine egizia del nome, dal verbo mešj, cioè ‘partorire’.