Ancora sul Medioevo e sui cavalieri Templari: per tracciare linee essenziali sulle modalità della loro presenza territoriale. Nel giro di pochi anni, già dalla prima metà del secolo XII i fratres si trovarono alla guida di una rete di magioni (Latino: mansiones) tanto vasta da rendere necessaria una suddivisione in provincie, ognuna retta da un proprio supervisore. In entrambi i continenti, asiatico ed europeo, la presenza templare era assicurata da diverse sedi: le Precettorie, le Mansioni e le Case fortezza o Capitanerie (queste ultime due meno importanti delle prime), largamente autonome dal punto di vista gestionale. Precettorie e Mansioni distribuite in Oriente e in Occidente, le Capitanerie soprattutto in Terrasanta. Nelle grandi capitali (Parigi, Londra, Roma e altre) vi erano le Case, ognuna delle quali aveva il controllo di una delle sette grandi provincie dall’Inghilterra alle coste dalmate, in cui i templari avevano diviso la loro organizzazione monastica. Al massimo del loro fulgore arrivarono presumibilmente ad avere migliaia di sedi, distribuite capillarmente in tutta Europa e Medio Oriente, il che indica la loro notevole influenza economica e politica nel periodo delle Crociate. Importanti attestazioni circa gli insediamenti templari identificati su suolo italiano provengono oggi da realtà mai rese note e/o messe sinora a sistema, tra Marche, Umbria, Toscana, Lazio e Abruzzo, Campania, Puglia e nel resto dell’Italia meridionale sino alle isole di Sicilia e Sardegna. In italia l’Ordine aveva suddiviso la penisola in due provincie: – 1a) Italia settentrionale, Toscana, Patrimonio di San Pietro, Roma, Ducato di Spoleto, Campagna Romana, Marittima, Marca e Sardegna; – 2a) denominata semplicemente Puglia, inglobava le regioni meridionali e la Sicilia. Come sopra accennato, uno degli obiettivi che i Templari si prefiggevano era la protezione dei pellegrini in viaggio verso la Terrasanta e, in senso traslato, verso “le mete di pellegrinaggio” della Cristianità. Figli particolari del proprio tempo, dimostrarono una profonda conoscenza territoriale dei percorsi e delle dinamiche più adeguate d’insediamento a difesa, sostegno fisico e spirituale dei pellegrini: documenti, fonti scritte di vario tipo e manufatti architettonici e archeologico-artistici ancora oggi restano a dimostrazione di tale assunto. Disponiamo a oggi di alcune mappature dei siti templari (identificati anche da toponomastica propria con suffisso: −Templ…) lungo le vie di pellegrinaggio e commerciali che attraversavano l’Europa e la Terrasanta: in Inghilterra, Scozia, Francia, Spagna, Germania, ma ciò che va ulteriormente precisato e studiato è la effettiva diffusione degli insediamenti templari lungo percorsi connessi alle più antiche testimonianze del Cristianesimo, che ricalcavano in buona parte preesistenti viabilità (soprattutto protostoriche e romane). Proprio tali percorsi, allo stato attuale degli studi, sembrano corrispondere a linee telluriche di forza ove è possibile misurare concentrazioni/variazioni d’energia.
Tra le emergenze territoriali che i Templari passarono a gestire, gli antichi tracciati viari atti a congiungere gli originari luoghi dedicati all’Arcangelo Michele, come il già ricordato allineamento tra Mont St. Michel in Normandia, la Sacra di S. Michele in Piemonte e S. Michele al Gargano. Collegandoci a quanto enucleato nel numero di Ongood di dicembre, tra i peculiari insediamenti templari connessi all’impianto di edifici religiosi posti in luoghi legati alla presenza di cavalieri/eremiti o eremiti/taumaturghi[1], è possibile identificare in area umbra, a Perugia, la splendida chiesa templare di San Bevignate: a pianta ottagonale, essa apparteneva a un’importante precettoria legata da un forte legame con la realtà cittadina: fu costruita tra il 1256 e il 1262, a est del centro storico, nel sobborgo noto come Porta Sole ove si erano radunati gran parte degli eremiti di ambo i sessi (per tale ragione il sito era noto come la Tebaide della città). San Bevignate, ovvero una figura di beato, mai canonizzato, si identifica con un eremita-templare, raffigurato sulle pareti riccamente affrescate dell’edificio (si consideri la sua immagine affrescata nell’episodio di san Benedetto che estrae la spina dalla zampa del leone). È stato dimostrato che l’iconografia degli affreschi relativi alla seconda metà del Duecento ricalca quella della Sainte Chapelle di Parigi voluta da re Luigi IX per contenere le reliquie della Passione; va sottolineato che quel tempo la commenda di Perugia ospitava una frammnto della Vera Croce che la rese meta di pellegrinaggi: mentre la Sainte Chapelle era stata integralmente costruita con materiali preziosi a simbolo del tesoro prezioso delle reliquie che custodiva così sia San Bevignate si arricchì di un lusso inedito fatto di oggetti di oreficeria, suppellettili costose, pregevoli opere d’arte[2].
Nell’area laziale del Sublacense, altra Tebaide dell’eremitismo paleocristiano e medievale, è stata di recente riscoperta la figura del beato Lorenzo Loricato da Facciolo in Puglia, cavaliere convertito e anacoreta, che visse durante la prima metà del XIII secolo, in una grotta ubicata non lungi dal Sacro Speco di san Benedetto. Artefice della ricostruzione della chiesa nota come di S. Maria di Morrabotte – edificata sui resti dell’antico cenobio benedettino, poi, dalla seconda metà del XIII secolo, trasformata in priorato dipendente dall’abate sublacense – dovette in origine provenire dall’Ordine templare o da un altro del gruppo cavalleresco dei Gerosolimitani[3]. Va sottolineato che lo stesso Sacro Speco di San Benedetto già in carte della fine del secolo X e i primi anni dell’XI è indicato come tappa lungo i percorsi del pellegrinaggio che da S. Michele al Gargano conduceva a Roma[4] attraverso l’asse viario Jenne-Trevi-Vallepietra in direzione di Sublacense, Carseolano, Tiburtino − e in tale traiettoria collegava alcuni dei più antichi monasteri benedettini − nonché in direzione di Affile e Trevi e territorio prenestino. Il beato raggiunse l’abbazia sublacense dopo un pellegrinaggio a Santiago di Compostella compiuto in seguito a un omicidio involontario: accolto dall’abate Romano (1191-1216), prima di raggiungere la grotta ove visse lunghi anni e dove fu più volte visitato dal cardinale Ugolino da Ostia, poi pontefice Gregorio IX e dallo stesso san Franceso d’Assisi, fu eremita presso l’antico cenobio di Sant’Angelo post Lacum. Tra le pagine più preziose del racconto agiografico in oggetto: la descrizione della strana corazza che egli indossava per penitenza e da cui traspare tanto la simbologia “a croce” della stessa e del copricapo indossato quanto la fondata conoscenza di cui disponeve nella lavorazione dei metalli nonché di fabbri di fiducia cui rivolgersi nell’area sublacense; la descrizione del cantiere e delle maestranze di qualità, che operarono nella costruzione dell’edificio[5] − la calcara di fine calce bianchissima realizzata in brevissimo tempo, l’uso di materiali squadrati di grandi dimensioni per la messa in opera, ecc. − voluto dal diretto intervento della Vergine Maria e di altre “due sante” (probabilmente santa Chelidonia, protettrice di Subiaco, e santa Maria Maddalena); la conoscenza approfondita delle forze telluriche in rapporto alla presenza d’acqua e all’ubicazione di due sorgenti fatte scaturire dal taumaturgo in corrispondenza degli accessi all’edificio religioso, a pianta rettangolare – una terza era nella zona dell’antro ubicato presso S. Maria di Morrabotte – altre osservazioni storiche sul gruppo di fratres sorto intorno al taumaturgo. Altre considerazioni storico-topografiche ineriscono il percorso d’altura transitante per il Sacro Speco in direzione degli altri originari monasteri benedettini d’altura (tra cui S. Giovanni dell’Arco) e dei castelli più antichi del territorio, verso il Frosinate (Jenne, Trevi, Piglio: identificati come sedi templari). A ciò si aggiunga la constatazione che tale via d’altura – corrispondente alla via della transumanza dal protostorico – era quella percorsa nel medioevo dai ricchi commercianti toscani di stoffe in direzione del Frosinate sede di industrie d’eccellenza per la lavorazione dei panni lana (tra le più apprezzate in Francia).
[1] Faccio notare che la dimensione della potenza della preghiera (eremitica e comunitaria) è un filo rosso alla base della fondazione di successivi nuclei monastici a partire dalla più antica fase altomedievale: non è un dunque un caso se ad esempio la rifondazione di Farfa nel corso del secolo VIII è attribuita dallo storico farfense Gregorio di Catino (vissuto a cavallo tra l’XI e il XII) al nobile provenzale Tommaso da Morienne che dopo tre anni di preghiera sul luogo del Santo Sepolcro venne a rifondare l’abbazia distrutta in un luogo identificato tra tre cipressi: cfr. precisazioni e bibliografia in Branciani 2000.
[2] Cfr. quanto attestato a tale riguardo dallo stesso Jacques de Molay che interrogato durante il processo circa l’ornamentazione e il fasto delle chiese templari ne confermò la bellezza e la preziosità in grado di uguagliare le cattedrali (cfr. J., Michelet, Le Procès des Templiers, I, p. 43).
[3] Gerosolimitani senza ulteriori precisazioni… sono attestati nell’area del Carseolano mentre cavalieri (Templari? Ospedalieri?) gestivano una magione lungo il percorso d’altura sui Monti Ruffi: la pergamena originaria è una concessione di protezione apostolica di papa Innocenzo III, datata al 10 gennaio 1199 (in Arch. Subl. Arca, I, 8) scoperta e trascritta da L. Branciani: cfr. Branciani 2014, I, pp. 182, 239 e ad indices; II, p. 335, nota 1; Eadem in c.s.
[4] Oggetto di visite di sovrani e imperatori: cfr. Branciani 2014, I-II, passim; L. Branciani, Una fonte iconografica per la descrizione delle strutture del Sacro Speco di san Benedetto in età medievale, in Temporis Signa <Centro Italiano di Studi sull’Altomedioevo> in c.s.
[5] Notare: la grotta / la rupe e la presenza dell’acqua fatta sgorgare dall’eremita santo: la conoscenza della captazione d’acqua e la capacità di canalizzarla è ormai ampiamente documentata nei monasteri di valle e d’altura sin dalle fasi più antiche: è altrettanto vero che gli scambi culturali con il mondo islamico fu particolarmente importante a tale riguardo: si considerino gli esempi in Spagna (sistema di irrigazione in Aragona ovvero nei castelli di epoca federiciana (tra cui lo stesso Castel del Monte, Trani, ecc. ).