di Erica Poli e Maurizio Grandi 

“Bastavano tre parole “qui comando io”. Decisa, gentile con buon senso, concreta, in grado di affrontare le tante difficoltà della vita di un tempo che Noi abbiamo difficoltà ad immaginare. Lavoro, figli, morti, guerre… a temprare il carattere, facendole diventare la roccia di riferimento per tutti. Ribelli, appassionate, caparbie.”

(Tratto da Cesare e Maurizio Giovanni Grandi, Cesare Grandi, Il Fiume, la Bonifica, il Ponte, 2020, Ed. La Torre)

Le donne di una volta: almeno una l’abbiamo avuta in famiglia.

Nonna, bisnonna o trisavola.

L’abbiamo conosciuta o ce ne hanno narrato.

C’è un mondo di donne coraggiose che ha fatto la nostra storia in silenzio, sotto traccia: spesso semplici eppure profonde, capaci di sacrifici impensabili e portatrici di una fierezza oggi sconosciuta al femminile.

Generose e infinite, a mondare riso per dodici ore cantando la libertà in faccia al padrone, a sorreggere le sorti di figli e mariti in guerra, a portare in grembo bambini di un padre partito per la patria e mai più ritornato, a regalare bellezza, quella vera, di chi dà vita alla vita ogni giorno sotto alle bombe, dopo ore nei campi, tra i dolori brucianti di un mondo dove la partita della storia si giocava per davvero sulla pelle.

Il loro femminile, nonostante tutto, conservava intatto il suo mistero, sapeva alzare lo sguardo risoluto, poi di notte lasciarlo volare ancora sino alle stelle e la mattina dopo camminare i passi sulla terra e andare avanti, custode delle morti, delle privazioni, delle perdite e della sensibilità di dita che ricamano il pizzo e l’anima tra il dolore e la dignità.

Possono restare anonime, perdute nella storia che non si vede e invece sorregge quella che si scrive nei libri, e forse avrebbero diritto a qualche ricerca in più nell’albero genealogico di famiglia: avrebbero molto da insegnare.

Regine della casa, non perché recluse in essa, ma perché consapevoli del potere di aggregazione e appartenenza che la casa riveste e che solo una donna può esercitare.

“Non sono resilienti, sono amazzoni, come gli argini del Fiume, in equilibrio nel continuo movimento. (…) Ma capaci, al tempo, al dialogo con il maschile, a pari dignità, nel reciproco rispetto guadagnato sul campo che nulla ha a che fare con il femminismo. Emergono dal e nel dolore e le difficoltà, mai sconfitte, anche quando la vita chiama a sacrifici definitivi.” 

(Tratto da Cesare e Maurizio Giovanni Grandi, Cesare Grandi, Il Fiume, la Bonifica, il Ponte, 2020, Ed. La Torre)

Non resilienti e non femministe, ma Femmine.

Diverse dal Maschile, “biodiverse”, per fisiologia, per anima.

E per questo capaci del prezioso incastro di uomo e donna che serve alla Vita, per questo Maestre di una parità che, a differenza di quella di oggi, incapace di prevenire i 24 femminicidi dell’estate italiana appena trascorsa, era rispetto delle diverse nature di uomo e donna e dei diversi archetipi che le animano.

Sir Roger Penrose è uno dei Premi Nobel dell’anno 2020. 

Premiato per le sue ricerche sui buchi neri. Ma dai buchi neri del cosmo, Penrose si è avventurato in altri luoghi estremi, quelli della coscienza, delle sue intercapedini e connessioni, dei suoi processi istantanei detti quantistici, ha camminato sul filo dell’impossibile, insieme ad Escher, immaginando forme che si possono disegnare ma non realizzare nelle tre dimensioni, come il famoso triangolo.

Già disegnato dall’artista Reutersvard, il triangolo di Penrose è un oggetto impossibile che non può essere costruito nello spazio, poiché presenta una sovrapposizione impossibile di linee con differenti costruzioni prospettiche.

Niente come il femminile sa fare le cose impossibili. 

Dice John Galsworthy: “Le donne non hanno quel senso delle difficoltà che hanno gli uomini. Le difficoltà delle donne sono fisiche e reali: quelle degli uomini sono intellettuali e fornali. “E’ impossibile” dicono sempre. Le donne non dicono mai così. Prima agiscono e poi vedono se la cosa è o no possibile.”

Le donne di una volta riuscivano nell’impresa impossibile di creare il triangolo di Penrose, unendo l’Amazzone, la Madre e la Moglie in un incastro appassionato di Donna.

È di questo femminile che hanno bisogno le donne, gli uomini, i figli, la società.

Nell’immagine Maria (Mariina) Muzzarelli, la Donna del Fiume. Dei “Duchi” di Valfred(d)a.

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