Appena sognata… Cristina.

Giorgio Nelli

Nella notte del 29 Novembre 2019, nella Milano che ha visto la sua nascita, l’ho sognata. Avrei dovuto leggere più a fondo di Lei la mattina successiva, ma le vie dell’inconscio sono, come si dice, infinite e scompaginano perfettamente i propositi di quella che chiamiamo razionalità.

È stata una esperienza che non si può definire altro che spiazzante.

Spiazzato come uomo, nel genere maschile che incarno, di fronte ad un femminile mai visto prima così.

Lei, nel sogno, che è divenuto lucido, come spesso mi accade da anni, sogno da sveglio guidato direbbe Robert Desoille, è una presenza che occupa la stanza e il buio con il suo solo silenzio, ben prima del fiume di parole che febbrilmente ho cercato di trascrivere, subito dopo, come rapito dal suo oppio, come in preda a quell’hashish che anche Lei fumò a Smirne.

Devo ammettere, l’ho temuta.

I suoi occhi, filtro impenetrabile dal quale non si passa.

Il suo modo di starmi di fronte nell’onirico, più vero di una presenza in carne ed ossa. O sono io a vaneggiare, alla ricerca costante d’una nobiltà che più che dal nome vien dall’animo? Che importa, oltre la materia, l’energia non vive di confini.

Lei si impone, senza bisogno di fare nulla. Mi fa sentire piccolo, mi riduce al silenzio solo emanando da ogni immaginario biofotone del suo plasma onirico, semplicemente se stessa: questo non mi abbandona dal sogno in poi. La sensazione di una donna, mai come nessun’altra, fiera di sé.

Forse in un’altra, che conosco, viva in quello che chiamiamo reale, posso scorgere la stessa ardente nobiltà interiore, che a questo punto, mi pare ancora più bisognosa di esser liberata.

Libera, nonostante la sua epoca, questo ho scorto nel sogno di Lei e questo mi ha messo in soggezione. Non so che uomo sarei, che uomini saremmo oggi, con una donna così. Come siamo caduti nelle bassezze di una mediocrità che non varrebbe neppure uno dei suoi sguardi.

Dopo che mi aveva già ridotto all’imbarazzo, ricordo di averle chiesto qualcosa… mi ha parlato così.

“Tutto quello che ho potuto vivere e poi esprimere, è stato solo sviluppo di conflitti interiori. Di questi, il primo interprete maschile del mio essere donna è giunto erroneamente a conclusione.

I miei sentimenti non sono mai stati da me dichiarati, ma solo interpretati da altri con un fare decisamente volgare, che ha aleggiato per tutto il tempo attorno a me, attraverso diciture e dicerie insulse e soprattutto inutili. Il mio carattere alquanto facile, mi ha donato un grande talento, il silenzio. Dote innata che a tutt’oggi non viene più coltivata: si tende solo alla condivisione di tutto, facendolo passare come una esigenza personale quando è solo plateale, “io sono così…” e via discorrendo delle più intime tendenze.

Il fascino dello sguardo, del guardarsi e del raccontarsi attraverso i gesti e non le parole, attraverso i fatti, le azioni più nobili che partono da una intimità fiera e distintamente differente da altri, hanno tessuto in me una matrice unica, la matrice di chi sa vedere oltre le barricate e sentir ancor prima dentro cosa fare… e poi dichiarare il fatto compiuto.

I miei stati d’animo sono di natura combattiva, conflittuale e tutto quello che ho vissuto attraverso le poche incertezze che ho avuto, non l’ho mai messo al bando.

Il mio essere tutt’altro che contorto, agiva, si metteva in discussione e si protendeva verso attitudini che qui si sono smarrite… ora è: va tutto bene, è tutto accettabile, anche la menzogna viene fatta passare per nobiltà d’animo.

Non ho più scorto nessuno che imbracciasse una filosofia come un fucile e vivesse per essa e attraverso di essa… tutta questa apparenza, di incoerenza, di insulso fascino nel tentativo oggi di essere la memoria di chi prima di voi ha lottato per un principio e ha vissuto per portare con sè il testimone di chi prima ancora lo aveva cesellato.

L’ipocrisia al mio tempo non era concessa, non era concesso il lusso del dubitare di Dio, non era concesso il lusso di dubitare di me stessa. Per un principio, in molti hanno pensato che abbia vissuto un sacrificio inutile, da sprovveduta: mai, mai una volta ho dubitato del mio fare e del mio agire coerente con il mio credo.

E’ stato l’essere plasmata dalle mie stesse azioni che sono vive tutt’ora nel tempo, solo per coloro che sanno agire di conseguenza… la misericordia, la passione, l’amore per lo sconosciuto.

L’amore per l’uomo che dietro un solo sguardo diceva tutto, dove ti potevi affidare e sognare d’essere donna.

Oggi che messaggio posso dare a tutti coloro che fanno la parte dell’attore facendo credere di essere gli eredi di atteggiamenti nobili:  sono pronti a perdere tutto per una verità? Pur di non venire meno a se stessi, coerenti con tutto quello che dai pori della pelle respira?

A chi posso parlare per infondere il coraggio dell’eroe del suo tempo, quando la miseria è entrata in tutti voi, voi che siete gli eredi del mio agire, del mio fato, che ha portato cordoglio, lenito sofferenza, accorso al malato solo e poi ricostituito il suo essere con sguardi veri e profondi.

La razza umana ha perso forse il lume della filosofia dell’essere uomo, di essere figlio, di essere degno, di essere portatore sano di bellezza, di misericordia di guarigione, quando dentro di ognuno di voi scorgo solo l’interesse di essere un esempio famoso per il prossimo che abbisogna di uno sguardo.

Dove siete andati, come avete potuto essere così meschini con voi stessi, ora che potete vivere con la forza del nostro sacrificio, ed essere ricchi ereditieri della verità che potrebbe scorrere nella nobiltà della vostra generazione. I figli dei figli, persi nei labirinti mentali di irrealtà irrisolte e poco attendibili, smarriti in routine assurde di cicli e ricicli di pensieri indegni da far interdire la pazienza divina.

La scelta di essere nobili, pionieri del mondo, con stile, eleganza e forza di essere collettivi, con tutti coloro che allo stesso passo si scrutano negli occhi e si danno forza di essere insieme.

La mia vita apparentemente un saliscendi di altalena improvvisata, dondola nel ricordo di chi sono stata, e rimango interdetta di quello che vedo ora, dei saliscendi calcolati per apparire.

Mi ricordo per un attimo dietro a barricate dove la tua vita contava veramente tanto per l’uomo davanti a te o affianco a te: ora estranei a voi stessi, chi vi è affianco vi infastidisce.

Dove è andato il dovere empirico di essere dottori al servizio del malanno che affligge il bisognoso? dove è finito il guerriero pronto a tutto pur di essere impavido con la verità respirata addosso e travolto dall’essere degno di se stesso?

Io pongo una domanda… come fate a vivere, sapendo di non essere nel divenire degli eroi?

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