La persone affette da long COVID potrebbero avere ancora proteine spike nel sangue.
Entrando nella cellula durante l’infezione, la proteina spike si frammenta in pezzi più piccoli, causa dell’infezione prolungata, responsabili dei diversi sintomi riferiti dalle persone molto tempo dopo il primo contatto con il virus.
L’individuazione dei frammenti di SARS-CoV-2 pperdura nel sangue fino a un anno dopo l’infezione iniziale.
La colpa del Long COVID sarebbe da ricercare nelle cellule infette non individuate dal sistema immunitario, e la proteina spike non è la causa dei sintomi, ma solo un marcatore di infezione
Normalmente, una volta eliminata l’infezione, non si dovrebbe vedere la proteina spike, perchè tutti gli anticorpi prodotti eliminerebbero tutto ciò che entra nel flusso sanguigno. Invece, tessuti dell’intestino e del cervello potrebbero essere un rifugio per SARS-CoV-2, impedendo il completo smaltimento dell’infezione e fungendo da fonte di proteine spike, elidendo il sistema immunitario.
La risposta immunitaria esagerata porterebbe l’organismo a sviluppare proteine immunitarie (“autoanticorpi”) che attaccano le proprie cellule.
L’infezione da COVID renderebbe le persone più sensibili ad altri virus già presenti nell’organismo, come il virus di Epstein-Barr, dormiente nella maggior parte delle persone, ma riattivato in alcuni pazienti con long COVID.
(Zoe Swank, Birgham and Women’s Hospital di Boston).
(Scientific American 21 Luglio 2021)