Articolo di Luchina Branciani
La memoria storica è quanto riesce a trovare voce ancora oggi da passati più o meno lontani.
Fonti scritte e dati materiali costituiscono gli strumenti che permettono a chi è impegnato nella ricerca, di visitare tempi, luoghi, persone e circostanze e di riportare all’oggi – attraverso la conoscenza – vita e cultura spesso perduti tra le nebbie della dimenticanza.
Quando ciò avviene, acquisiamo la consapevolezza di alcune splendenti eredità.
Una croce particolare intagliata nella pietra grigia, attualmente custodita da privati, che
l’hanno ricevuta in eredità, è giunta sino a noi dal lontano passato per farci ascoltare una voce eloquente e piena di mistero.
Il racconto che essa narra, ci conduce dritti nel medioevo della terra d’Occitania, culla di quella civiltà provenzale-occitana della Francia meridionale, che nei suoi cavalieri cortesi, nelle chansons dei trovadori, nella colta grazia delle sue dame informò della sua preziosa cultura l’Europa dei secoli XI-XIII. Nel medesimo milieu ebbe modo di diffondersi anche quella particolare eresia dei Catari[1] – i pacifici boni homines – repressa nel sangue dalla Chiesa del periodo: la crociata degli Albigesi (1209-1213) – i Catari della Linguadoca – e l’Inquisizione che ne seguì costituisce purtroppo una delle pagine più oscure della storia della Chiesa, pagina buia del pontificato di Innocenzo III.
Come vedremo, il manufatto di cui parliamo, rivela nei suoi caratteri intrinseci la terra di origine e le vicende di cui fu protagonista, una storia complessa che è possibile iniziare a ricostruire.
La Croce (fig. 1), realizzata ad altorilievo su pietra grigia, è patente, a braccia uguali e si presenta iscritta al centro di uno scudo[2]: è evidentemente del tipo d’Oc o Occitana, definita anche di Tolosa o Catara (nella contea di Tolosa e nei suoi castelli è attestata la più ampia diffusione dell’eresia catara nel corso del XII sec.). Tipologia dunque dalla lunga storia: a sua volta derivata dall’altomedievale stemma bosonide – dal capostipite duca dei Franchi Bosone (800-855 ca.) – e dal precedente tipo della croce greca copta …
La croce in esame è contornata da una ghiera schematica, organizzata in due semicerchi simmetrici con cinque tondi nell’arco superiore e cinque nell’inferiore. A tale riguardo, la ricerca ci ha portato al confronto con la prima, più antica ghiera decorata a punzoni dei sigilli tolosani dell’inizio XII, risalenti al tempo della prima crociata: tale sigillo fu in effetti adottato da Raimondo IV di Tolosa (1041-1105), uno dei leaders della prima crociata (1096-1099) (fig. 2)[3]. Significativamente la medesima croce risulta tipologicamente traslata, almeno dalla metà del XII secolo anche alla Repubblica marinara di Pisa, con cui erano sviluppati fiorenti traffici commerciali.
Quella che stiamo esaminando, è attribuibile al secolo successivo: il raffronto con i sigilli di Raimondo VI di Tolosa (1156-1222) (fig. 3) [4] sembrano confermare l’attribuzione al conte: il sigillo di Raimondo presenta in effetti un cavaliere il cui scudo è decorato da una croce occitana identica con cinque tondi distribuiti nei due archi superiore ed inferiore.
La figura di questo nobile cavaliere si staglia nell’orizzonte storico del periodo per la sua opera di difesa della contea di Tolosa e degli stessi Catari, durante la crociata contro gli Albigesi[5]: essi, come è noto, erano arrivati a disporre di una struttura ecclesiastica indipendente, in cui donne e uomini godevano di identica dignità: situazione inaccettabile per la Chiesa di Roma. Tra le “vescove”, in gran parte di nobile lignaggio, ricordiamo Esclarmonde, sorella di Raimondo Ruggero, conte del Foix, che fu l’anima della resistenza catara nel castello di Montségur.
Quando la grande crociata venne bandita alla guida del sanguinario Simone di Montfort, i cavalieri del Nord della Francia furono pronti ad aggredire e distruggere le felici campagne della Linguadoca. La prima terribile distruzione di Béziers con l’assassinio di tutti i suoi abitanti fu consumata il 22 luglio 1209, giorno dedicato a Maria Maddalena, santa particolarmente venerata dai Catari e dai cavalieri templari, i quali non di rado presero, nella tragica vicenda della repressione, le difese dei Catari … anche Raimondo VI (che ebbe tra le sue mogli Beatrice di Béziers e Carcassonne) fece lo stesso. Il conte, in precedenza, non aveva voluto infatti aderire alla cosiddetta lega di pace, istituita da Pietro di Castelnau, legato pontificio, al fine di combattere l’eresia catara: le vicende che seguirono, portarono alla Crociata degli Albigesi, alle successive conquiste in Linguadoca di Simone di Montfort e agli interventi della Santa Sede, inclusa la scomunica comminata a più riprese al conte Raimondo VI. … Alla fine di vicende complesse e drammatiche, dal 12 settembre 1217, Raimondo riuscì però a riconquistare al Monfort, Tolosa insieme ai titoli di conte di Tolosa e marchese di Provenza da lasciare in eredità al figlio Raimondo VII.
Ciò che sottolineiamo riguardo alla nostra croce d’Oc, è un ricordo particolare tramandato nel tempo, ovvero la sua originaria provenienza da Montsegur: appurata, alla luce di quanto sopra, la sua appartenenza al milieu della contea di Tolosa e all’arco cronologico del primo quarto del XIII secolo, è plausibile ipotizzare che essa provenga proprio da quell’ultimo baluardo della resistenza catara. Tale castello, costruito nel 1204 sotto la direzione di Raymond de Péreille, signore del luogo, come estremo rifugio per i catari su una preesistente fortificazione, cadde dopo un lungo assedio (nel marzo 1244), sotto i colpi delle truppe reali.
Lo stemma della Croce d’Oc, simbolo della casata di Raimondo, potè essere tra le mura di quel castello, come testimonianza di chi aveva avuto il coraggio di opporsi alla violenza cieca di una cultura di potere, in difesa di quei pacifici boni homines, gente che si considerava semplicemente “pura”, nel rispetto di “tre S”: Silenzio, Solitudine e Sacralità della terra, degli animali, delle piante, delle sorgenti, dell’intero Creato.
La ricerca è aperta …
Fig. 3 – Sigillo di Raimondo VI di Tolosa (1156-1222).
NOTE
[1] R. Manselli, L’eresia del Male, Napoli 1980; M. Soresina, Dante e i Catari. Chi erano i Catari? , in Nòvas d’Occitània, 161 (2016); Eadem, Libertà va cercando. Il caterismo nella «Commedia» di Dante, Bergamo 2009; Eadem, Béziers: chi calunnia chi? in Nòvas d’Occitània, 52 (2007).
[2] A forma di scudo misura cm 26,5 x 25 x 2 (h); i lati diagonali dello scudo: 14 cm; dimensioni della croce ivi iscritta: lunghezza e larghezza dei bracci, cm 22 x 22 x 1 (h); lato esterno del braccio, cm 4; punto di attacco e incrocio, cm 2. Scudo spessore cm 2; Croce spessore in altorilievo cm 1
[3] L. Alphen, La Francia nell’XI secolo, in Storia del mondo medievale, II, 1979, pp. 770–806; L. Branciani, Interventi di restauro alla cinta fortificata di Pereto (Aq), Subiaco 2008 (bibliografia sul periodo normanno-svevo); F. Chalandon, La conquista normanna dell’Italia meridionale e della Sicilia, in Storia del mondo medievale, IV, 1979, pp. 483–529; W. B. Stevenson, La prima crociata, in Storia del mondo medievale, IV, 1979, pp. 718–756; C. Lethbridge Kingsford, Il regno di Gerusalemme, 1099-1291, in Storia del mondo medievale, IV, 1979, pp. 757–782 e fonti in essi citate.
[4] Voce: Raimondo VI in Enciclopedia Treccani (web); L. Branciani, Interventi di restauro alla cinta fortificata di Pereto (Aq), Subiaco 2008 (bibliografia sul periodo normanno-svevo); Cherubino Mirzio da Treviri, Chronicon Sublacense (1628-30), a cura di L. Branciani, Subiaco 2014 (bibliografia su Innocenzo III); L. Branciani, Storia dei monasteri sublacensi da san Benedetto alla Commenda di Juan Torquemada, (bibliografia su Innocenzo III), in c.s.; A. Lane Poole, L’interregno in Germania, in Storia del mondo medievale, V, 1980, pp. 128–152; A. S. Tuberville, Le eresie e l’Inquisizione nel Medioevo: 1000-1305 ca., in Storia del mondo medievale, V, 1980, pp. 568–598; F.M. Powicke, I regni di Filippo Augusto e Luigi VIII di Francia, in Storia del mondo medievale, V, 1980, pp. 776–828; C. Petit-Dutaillis, Luigi IX il Santo, in Storia del mondo medievale, V, 1980, pp. 829–864; R. Altamira, La Spagna (1031-1248), in Storia del mondo medievale, V, 1980, pp. 865–896; F. M. Powicke, Inghilterra: Riccardo I e Giovanni, in Storia del mondo medievale», vol. VI, 1980, pp. 143–197 e fonti in essi citate.
[5] V. la nota precedente.
BIBLIOGRAFIA
L. ALPHEN, La Francia nell’XI secolo, in Storia del mondo medievale, II, 1979, pp. 770–806.
R. ALTAMIRA, La Spagna (1031-1248), in Storia del mondo medievale, V, 1980, pp. 865–896.
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L. BRANCIANI, Interventi di restauro alla cinta fortificata di Pereto (Aq), Subiaco 2008 (bibliografia sul periodo normanno-svevo).
EADEM, Storia dei monasteri sublacensi da san Benedetto alla Commenda di Juan Torquemada, (bibliografia su Innocenzo III), in c.s.
CHERUBINO MIRZIO DA TREVIRI, Chronicon Sublacense (1628-30), a cura di L. Branciani, Subiaco 2014 (bibliografia su Innocenzo III).
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R. MANSELLI, L’eresia del Male, Napoli 1980.
Raimondo VI, voce in Enciclopedia Treccani: www.treccani.it.
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EADEM, Libertà va cercando. Il catarismo nella «Commedia» di Dante, Bergamo 2009.
EADEM, Béziers: chi calunnia chi? in Nòvas d’Occitània, 52 (2007).
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