Quarant’anni fa, il 20 agosto 1977, in cima ad un razzo Titan III, si staccava da Cape Canaveral la navicella “Voyager 2”, seguita il 5 settembre dalla gemella “Voyager 1”.
Il loro scopo, pienamente raggiunto, era l’esplorazione del sistema solare esterno: in particolare, Giove e Saturno erano gli obiettivi di “Voyager 1”, mentre un raro allineamento planetario incredibilmente favorevole per la rotta di “Voyager 2” avrebbe permesso a questa sonda di visitare uno dopo l’altro Giove, Saturno, Urano e Nettuno.
Costo delle navicelle, circa 800 milioni di dollari, cioè un milione al chilo.

 

Innumerevoli sono le scoperte fatte grazie ai “Voyager”, dalla dinamica atmosferica dei pianeti giganti gassosi a decine di loro satelliti, ai loro sistemi di anelli.
Le due sonde sono ancora attive, sia pure a regime ridotto per risparmiare la poca energia residua dei loro tre generatori al plutonio.
La potenza elettrica disponibile (In origine 420 watt) diminuisce di 4 watt all’anno per il decadimento radioattivo del materiale fissile.
Da vent’anni le telecamere non sono più attive ma le due sonde continuano a raccogliere dati sull’eliosfera, sul campo magnetico solare e sulla sua interazione con il mezzo interstellare.
A bordo entrambe le sonde hanno una targa progettata da Carl Sagan per trasmettere ad eventuali improbabili alieni che per caso intercettino le navicelle informazioni sulla Terra e sull’umanità.

Nell’agosto 2012 “Voyager 1”, allontanandosi dal piano dell’eclittica, è diventata la prima sonda che si sia avventurata nello spazio interstellare. Attualmente si trova a 140 unità astronomiche dalla Terra, pari a 21 miliardi di chilometri. “Voyager 2” è a 115 unità astronomiche, cioè a 17 miliardi di chilometri da noi.
La Nasa prevede di poter mantenere il contatto fino al 2030, quando anche l’ultimo strumento e la radio si spegneranno per esaurimento dei generatori al plutonio.
Abbandonate a se stesse, le navicelle proseguiranno la loro corsa a 48 mila chilometri l’ora senza incontrare nessuna stella per 40-50 mila anni.

E’ suggestivo ricordare che quasi tutti gli scienziati e i tecnici che hanno preparato e poi seguito la missione dei due “Voyager” sono morti, mentre le loro creature sono ancora “vive” a una enorme distanza dal pianeta di partenza.

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