03 GIU Partnership tra il John F. Kennedy Center for the Performing Arts, i National Institutes of Health e il National Endowment for the Arts per un grande programma di ricerca volto a scoprire come la musica interagisca con il nostro cervello. Protagonisti la celeberrima soprano Renée Fleming e il direttore degli NIH Francis S. Collins. Due mondi diversi che si incontrano per far progredire le conoscenze scientifiche, a beneficio dei pazienti (JAMA)
La musica ha il potere di “calmarci, animarci, confortarci, darci i brividi”, ma serve anche a “organizzarci e a sincronizzarci sul lavoro o nel gioco”. Enorme potenziale terapeutico nei pazienti afflitti da una serie di condizioni neurologiche”.(Oliver Sacks in Musicophilia)
La musicoterapia è una realtà, ma anche a distanza di anni di impiego in clinica, ancora non è del tutto chiaro come riesca ad ottenere questi risultati positivi e quindi ignoriamo come sia possibile ottimizzarli nel singolo paziente.
E’ da questa osservazione che nasce un’inedita partnership tra la celebre soprano Renée Fleming, in rappresentanza del John F. Kennedy Center for the Performing Arts e Francis S. Collins, direttore dei National Institutes of Health, insieme al National Endowment for the Arts annunciata dalle pagine di JAMA.
All’iniziativa Sound Health: Music and the Mind, partecipano esperti in musico terapia, in neuroscienze della musica, ricercatori e artisti. L’idea è quella di fare il punto della situazione e di informare le scelte per le ricerche del futuro.
I neuroscienziati utilizzando le tecniche di neuro-imaging cercaranno di capire come venga percepita o creata una melodia e di elencare gli effetti che la musica può esercitare, a livello organico e funzionale, in un cervello in età evolutiva, nell’adulto e nell’anziano.
I musicoterapisti sono riusciti a dimostrare come la loro disciplina sia di beneficio.
Scrivere la musica e suonare uno strumento sono tra i compiti più complessi da un punto di vista cognitivo. Nei bambini il training musicale aiuta lo sviluppo di competenze linguistiche, affina le capacità di processamento uditivo e in generale migliora le performance scolastiche.
A livello di imaging funzionale, la musica ‘accende’ molte delle aree del cervello implicate anche nel linguaggio e questo spiegherebbe le potenzialità curative della musicoterapia nei pazienti con disturbi dell’eloquio.
“Se la musica non fosse così importante per la nostra specie per quale motivo il cervello umano sarebbe evoluto al punto da crearsi una ‘stanza della musica’ dove ricevere e interpretarne i suoni?”
Negli ultimi 10 anni, sono state pubblicate 100 revisioni sistematiche dell’argomento e 10 analisi Cochrane.
Noi più umilmente, alla Torre, lo avevamo intuito, studiato da oltre vent’anni.