Articolo di Luchina Branciani

I TEMPLARI E LA SPIRITUALITÀ SUFI

Ritorniamo a parlare su queste pagine di uno dei santi più amati dall’universo mondo: san Francesco d’Assisi!

Lo facciamo con l’intento di mettere in luce un aspetto misterioso della sua vita: numerosi, in effetti, sono ancora oggi i tratti della personalità e della vita dell’assisiate, che andrebbero meglio conosciuti e che risultano difficili da indagare anche a motivo della grave perdita delle fonti agiografiche coeve o di poco posteriori al santo[1]. Su questa, che è definita dagli storici come “la questione” francescana, torneremo a parlare[2].

Il fulcro della vita spirituale di Francesco era l’imitatio Christi, ovvero una particolarissima vicinanza a Gesù Cristo e il desiderio di incarnare a livelli estremi il luminoso messaggio evangelico dell’amore universale. Il suo desiderio di recarsi in Terra Santa scaturì evidentemente dal bisogno di visitare di persona – per lui in modo speciale – i luoghi della vita di Gesù di Nazareth. In questo, Francesco si uniformava anche al sentire del suo tempo, quando la visita in terra di Palestina e specificamente nei siti dei Vangeli, costituiva la meta privilegiata di tutti i cristiani. In frangenti che vedevano il controllo arabo della Terra santa e i tentativi crociati di riconquistarla, si predicava il viaggio e il martirio per Cristo al fine di liberare il Santo Sepolcro dagli infedeli.

         Il viaggio di Francesco è datato tra 1219-1220, secondo alcuni tra 1218-1219. Si imbarcò ad Ancona e raggiunse San Giovanni d’Acri e Damietta  ove era in corso la lotta tra Crociati e Musulmani. Stette tra i Crociati finché ottenne, sotto sua responsabilità, di potersi recare dal sultano Malek al-Kãmil[3]: qui accolto con raffinata ospitalità, vi predicò la buona novella, senza per altro ricevere alcun segno evidente di conversione da parte del sultano[4]. Damietta nel frattempo fu conquistata dai Crociati e il santo, colpito dalla violenza che vi vide perpetrata, volle fare ritorno in Siria. Soggiornò nel 1220 a San Giovanni d’Acri da dove, secondo alcuni, riuscì nell’intento di visitare la Terra Santa forse grazie proprio a un permesso speciale ricevuto dal Sultano[5].

Il dialogo pacifico ed illuminato tra Francesco e il sultano è fuor di dubbio. È possibile trovare un’eco precisa dell’incontro del santo con il sultano nella biografia di un teologo e giurista egiziano, Fakr ad-din al-Fârisi, assai famoso in quegli anni come “direttore spirituale e consigliere” di al-Kamil. Vi si ricorda la discussione che il sapiente avrebbe avuto con un monaco cristiano alla presenza del Sovrano: le circostanze storiche sono tali che l’identificazione con Francesco è certa[6]. Emblematica riguardo alla presenza stessa di Francesco presso il sultano è altresì la testimonianza di Angelo Clareno[7] quando egli racconta che il Sultano, colpito dalle sue prediche, aveva ordinato che Francesco e tutti i suoi frati avessero libero accesso al Santo Sepolcro, senza pagare alcun tributo: in tale atteggiamento si vuole trovare la ragione dell’affidamento della Custodia della Terra Santa allo stesso Ordine francescano.

Il discorso può essere integrato con una serie di considerazioni utili a una conoscenza più autentica delle circostanze in cui si aprì il dialogo tra Francesco e l’Islam: ciò va visto anche sullo scenario politico, che vide in quegli anni un significativo miglioramento dei rapporti – alla luce della stima e del rispetto documentati dalle fonti coeve – tra il Sultano e l’impero nella persona di Federico II di Svevia, vicino anche all’azione di mediazione culturale dei cavalieri Templari in Terra Santa.

Quanto lo stesso Francesco fosse prossimo alla spiritualità dei Pauperes Milites abbiamo avuto modo di appurarlo su queste pagine tempo fa…: è ragionevole ipotizzare che la storia “ufficiale”[8] dopo la condanna templare sancì di fatto “un allontanamento” dalla biografia dell’assisiate di tale dato. Si sa che il santo fu profondamente scosso dalla violenza dei combattimenti di cui fu testimone diretto nella presa di Damietta: dunque proprio da un bisogno profondo di pacificazione nacque nel Poverello l’idea di fare il Presepe, che mise poi in atto a Greccio… Come esperienza reale di Gesù, che nella povertà di una stalla – nell’armonia dell’intero creato – veniva a portare nel mondo il suo Regno di pace.

Il presepe di Greccio nella raffigurazione mss. «Vi sono tante vie verso Dio quante le stelle in Cielo, ma la via che permane , la più sicura è una sola: la via della povertà» (sura estratta dal Corano).

Il presepe di Greccio nella raffigurazione mss. «Vi sono tante vie verso Dio quante le stelle in Cielo, ma la via che permane , la più sicura è una sola: la via della povertà» (sura estratta dal Corano).

Alla base della spiritualità francescana nella sequela Christi, si pongono l’irrinunciabile povertà e la pacificazione universale, elementi che Francesco, in base a quanto è possibile ricostruire, potè desumere e/o rafforzare dal suo diretto contatto anche con la spiritualità sufi ovvero con il misticismo islamico, che predicava e viveva la medesima realtà. Non a caso il grande mistico dell’Islam Jalal Aldin Rumi (1207-1273), pressocchè coevo al santo[9] –  insieme a numerosi altri esponenti del sufismo musulmano – condivide con Francesco aspetti fondamentali del cammino spirituale tra cui la povertà e la pace[10]. Base del sufismo è la comprensione e il rispetto dell’altro, la reciproca conoscenza e soprattutto la pace universale, cui tutti gli uomini “di buona volontà” aspirano. È inoltre innegabile che assai difficilmente Francesco avrebbe potuto accedere al cospetto del sultano senza un lasciapassare a lui verisimilmente riconosciuto proprio dal mondo sufi, amico del Templari, i quali, a loro volta, erano particolarmente prossimi ad Elia (amico di Federico II), il compagno di Francesco nel viaggio nella Terra di Gesù[11].

NOTE

[1] A seguito della sancita distruzione di tutte le biografia di Francesco, nel capitolo di Parigi del  1266: su questa che è conosciuta dagli storici come “la questione” francescana, torneremo a parlare. In quello stesso capitolo fu decisa la redazione della biografia ufficiale di san Francesco da parte di Bonaventura da Bagnoreggio (la Legenda Maior), il quale la compilò disancorando la figura dell’assisiate dalla sua reale portata storico-spirituale e dai tratti caratteristici più autentici della sua umanità.

[2] Cfr. La “questione francescana” dal  Sabatier ad oggi, Assisi 1974; G.M. Bragadin, San Francesco. Le verità nascoste, Torino 2016; C. Mercuri, Francesco d’Assisi. La storia negata, Bari-Roma 2016.

[3] Una lettera coeva alla vita del santo redatta da Giacomo da Vitry costituisce una delle prove più significative del suo viaggio e racconta: “Il loro maestro <Francesco>, che  fondò quell’Ordine, essendo venuto nel nostro esercito accesi di zelo della fede, non ebbe paura di passare all’esercito dei nemici e, avendo predicato la parola di Dio ai Saraceni per alcuni giorni, non ebbe grandi risultati. Il sultano però dell’Egitto, gli chiese in segreto di domandare in suo nome, al Signore che, divinamente ispirato, potesse aderire alla religione che maggiormante piacesse a Dio”: cfr. R. Manselli, San Francesco, p. 225.

[4] Va precisato che proprio in Marocco vennero uccisi dai Musulmani cinque frati che sono tra i Protomartiri francescani.

[5] La tesi è ben argomentata nel recente G.M. Bragadin, S. Francesco, cit., pp. 241-253: alcuni storici tra cui Franco Cardini negano il viaggio di Francesco a Gerusalemme, più possibilista Paul Sabatier.

[6] Indicato per primo da Louis Massignon, confermato da Francesco Gabrieli nella loro opera, ben articolato e integrato nel testo di Bragadin: cfr. Manselli 1981, p. 225-226; G.M. Bragadin, S. Francesco, cit., pp. 241-249, 255-262.

[7] Angelo Clareno, Chronicon seu Historia septem tribulationum ordinis minorum, a cura di A. Ghinato, Roma 1959 (Sussidi e testi per la gioventù francescana, 10). G.M. Bragadin, S. Francesco, cit., p. 250.

[8] Cfr. quanto indicato a nota 2.

[9] Si sa che Rumi ad esempio conobbe il sultano al-Kamil: cfr. nota successiva.

[10]  Il sufismo è un metodo islamico di perfezionamento interiore, seguito da anime privilegiate, assetate di Dio, mosse dalla sua grazia per vivere solo per Lui e grazie a Lui… qualcosa di molto simile alla mistica francescana… il sufismo prevede pratiche per giungere all’estasi divina, in questo simili al buddismo ma anche di tipo più sciamanico come quelle dei dervisci rotanti. Già allora coltivavano la musicoterapia per la guarigione delle malattie e non a caso Avicenna, grande medico dell’Islam era sufi (sostenuto per la prima volta da Louis Massignon, Francesco Gabrieli e Giulio Basetti): cfr. sintesi in G.M. Bragadin, S. Francesco, cit., pp. 255-263. Sulla figura di Elia da Cortona cfr. anche C. Mercuri,  Francesco d’Assisi, cit., pp. 21-27, 144, 149-150, 152, 155, 177.

[11] Cfr. nota precedente. Cfr. inoltre in G.M. Bragadin, S. Francesco, cit., pp. 259-262 un confronto articolato tra la spiritualità di Francesco e il sufismo.

BIBLIOGRAFIA

G.M. Bragadin, San Francesco. Le verità nascoste, Torino 2016,

Angelo Clareno, Chronicon seu Historia septem tribulationum ordinis minorum, a cura di A. Ghinato, Roma 1959 (Sussidi e testi per la gioventù francescana, 10).

Giacomo da Vitry, Lettres de Jacques de Vitry (1160/1170-1240), évêque de Saint-Jean d’Acre, a cura di R. B. C. Huygens, Leiden 1960.

La “questione francescana” dal Sabatier ad oggi, Assisi 1974

Manselli, San Francesco, Roma 1981 (2a edizione; 1a: 1980).

Mercuri, Francesco d’Assisi. La storia negata, Bari-Roma 2016.

  1. Sabatier, Vie de s. François d’Assise, Paris 1894; trad. ital., Vita di san Francesco d’Assisi, Milano 1978.