Avventura in cui i sogni dell’adolescenza sono maturati al sole della vita e restano inalterati lungo il suo fluire. Sfida di un nuovo paradigma di sentire e di pensiero, capace di concepire la complessità. Intreccio di saperi che il mondo ha separato. Natura è cultura, è corpo.

Identità è diversità in una danza che è la Vita, in una comunità di destino, molteplice, di tutti i popoli della Terra, insieme, fra loro, e dell’Umanità intera con la Terra tutta. Cogliamo, accogliamo il dono, Privilegio di essere insieme.

L’anno del pipistrello si trasformerà in una ripartenza con un respiro che guarda al futuro, che metta in discussione il nostro rapporto con la natura (dopo il cambiamento climatico, gli incendi, gli allagamenti, i disastri nucleari). Il virus può aprire molte porte, specie quelle del sistema “fragile” che abbiamo costruito (o ereditato).

Trasformare l’impossibile in necessario e il necessario in possibile. Si chiama pragmatismo. Non solo utopia di sognare un altro mondo.

 Si chiama solidarietà, diversità, etica.

OVEST: IL RITORNO ALL’ANIMA DEL LUOGO, VINCE IL LOCALE SUL GLOBALE

È LA rivelazione di questa crisi. L’importanza della vicinanza, della solidarietà e della diversità.

La resistenza collettiva che parte dalla terra.

Artisti di strada, nel senso più nobile, che lavorano insieme, piccola comunità, simbolo di una nuova generazione con la voglia di condividere. Possiamo “sognare un altro mondo”, un “mondo dopo”, nato nella testa e nel cuore durante questa prigionia. Pensando a una nuova etica per questo Nuovo Mondo.

 La crisi ci ha ricordato che la prossimità era strategica.

Il momento di pausa ci ha permesso di comprendere la fragilità delle nostre società, della nostra vita, ma anche il bisogno imperioso di solidarietà e diversità, la garanzia di un gruppo sociale animato dalla comune volontà di vivere.

Abbiamo sentito la preminenza del locale, grazie ad azioni di solidarietà di semplici cittadini da alcune autorità pubbliche. Piccoli comuni in grado di sostituire uno stato poco chiaro e privo di aspettative e organizzazione.

La pandemia ci ha mostrato fino a che punto l’organismo mondiale del pianeta era sostenuto da un unico assioma, il profitto, poco prima che gli esseri umani causassero catastrofi umanitarie irreparabili. Un piccolo virus d’oriente ha lasciato l’impressione che il “nuovo ordine mondiale” fosse un’utopia totalitaria da evitare e che la vicinanza diventasse l’unico modo per concepire la salvaguardia dell’essere umano se unita alla solidarietà.

Tutti i settori sono attraversati da una crisi senza precedenti, anche lo spettacolo dal vivo. Dalla prosa alla musica all’opera, alla danza, pilastri della cultura italiana, servizi pubblici che devono essere garantiti a tutti i cittadini.

E scrivendo “in vivo”, spontaneo il confronto con “in vitro” delle inutili colture cellulari delle nostre ricerche, modello divenuto… gioco. Come i grandi Teatri, culture, divenuti, spesso, colture.

I teatri hanno un ruolo “culturale e sociale di centri etico formativi”. Eccellenze per capacità di mantenere e tramandare un artigianato di mestieri e per la consapevolezza acquisita. Una riforma oltre alle Fondazioni lirico-sinfoniche, ai teatri di tradizione e ai teatri nazionali, comprende il tessuto di piccoli e medi teatri comunali o privati, le orchestre e l’associazionismo. Per rafforzare il ruolo dei teatri nelle politiche culturali del Paese in un’ottica complessiva è tempo che la gestazione prepari il futuro che “esigerà tutta la nostra imprudenza” (Federico García Lorca). Non dobbiamo dimenticare la storia degli attori con la loro lotta contro i pregiudizi, il potere, lo scherno, la miseria. In Europa, gli ultimi settant’anni sono un’epoca in cui, per inerzia e per compromessi politici, il teatro ufficiale ha ricevuto riconoscimenti e sovvenzioni.

Ovest appartiene alla cultura dei gruppi, degli orfani in cerca di antenati, di diseredati che piantano radici nel cielo. Non hanno niente in comune con categorie e realtà dei grandi teatri.

La vera e unica forza del teatro è la necessità di chi lo fa, e la sua ostinazione a non lasciarsi addomesticare. La pandemia è un dono degli dei e come la fotografia per i pittori, e il film per i teatranti, all’inizio del 20° secolo. Presagio o almeno speranza di un ritorno all’umiltà, all’essenza e alle potenzialità interiori di questa arte. Il futuro del teatro è l’incontro di individui solitari, ribelli. L’abbraccio di un’energia attiva e un’energia ricettiva. Nessuno obbliga a scegliere il teatro. Ma coloro che sono divorati da questa necessità devono rimboccarsi le maniche. Qui crescono e cresceranno la fame di conoscenza, i fantasmi che bisbigliano all’orecchio, la voglia di vivere con rigore, la finzione di essere libero. Occorre (ri)trovare persone stimolate da questo sentire e dissodare, giorno dopo giorno, al di fuori delle categorie accettate e dei criteri riconosciuti. Il pubblico deve essere in grado di aiutare il processo di creazione del “sapore” … e non quello dei teatri d’oggi, che l’eccesso di produzione e offerta artistica hanno contribuito a diseducare.

“L’arte è uscita dall’ordine del sacro e della ciclicità. L’eccesso produttivo non l’ha risparmiata, rendendo il terreno abusato, sterile. Spettacoli vuoti di senso, ipertecnicismo fine a sé stesso, adulazione del sistema… Il pubblico del quale si va a caccia non più per un fine educativo o semplicemente culturale, ma banalmente per fare numeri, senza il quale il meccanismo di emolumenti pubblici decade, in un sistema dove cultura, politica, grandi partecipate e sistema bancario vanno a braccetto. E nessuno se ne scandalizza più… Ecco allora che tornare a mischiare le carte, a confondere un po’ le acque, può diventare salutare. L’iperattivismo di certi artisti, completamente privi di significato, il confronto di micromovimenti che hanno il sapore delle tenere gemme, fragili e potenti che si aprono alla Vita, per far emergere una Verità nuova” (Antonella Usai).

Arte è atto creativo.

Arte è tensione (Stacy Jones), intreccio (Lisa Groccot), tra l’audacia dei Maestri e la ricchezza dell’Arte popolare.

Arte è coraggio, resistenza alla paura, avere cuore nell’affrontare la Vita senza diserzioni e viltà, per custodire la coerenza dei propri valori e della propria coscienza.

ARTE È SFIDA AL POTERE.

ARTE È UN GIURAMENTO ALLA VITA.

Ovest è visione territoriale e di servizio pubblico per la comunità, in cui la gente del posto è parte di un progetto comune, perché Teatro della Vita, espressione del Territorio, finestra per vedere l’altro, un “altro mondo”, possibile, nel passato, nel presente, nel futuro.

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