Dopo un fallimentare G7 a Taormina, un inutile G20 ad Amburgo. Ormai è chiaro a tutti che i super vertici mondiali tra i rappresentanti delle maggiori potenze internazionali rappresentano soltanto una costosissima passerella per chi vive di protagonismo e di immagine.
Oppure per i contestatori in servizio permanente effettivo, quelli che protestano a prescindere. Amburgo doveva rappresentare la passerella per la padrona di casa, Angela Merkel, in vista delle imminenti elezioni politiche tedesche.
E invece è stata solo l’occasione per un incontro diretto tra Putin e Trump. Perché le decisioni, quelle che contano davvero, non si prendono in mega riunioni sul nulla cosmico, ma in confronti diretti tra chi è coinvolto in determinate vicende.
Così il G 20 è servito a fare passi indietro sui temi ambientali e sui commerci internazionali. In cambio di tante parole inutili sul futuro dei giovani e una netta chiusura sulle politiche migratorie dell’Italia.
Ma, in tutto questo scenario di vuoto a perdere, dove erano i giovani d’Europa e d’Italia?
Qualcuno a scontrarsi con la polizia per cercare di fermare il nulla, visto che il G20 nulla stava producendo.
Gli altri in spiaggia o impegnati con lo smartphone. Nella convinzione di non poter incidere sulle scelte dei politici riuniti ad Amburgo.
È evidente che al G20 i problemi dei giovani non siano presi in considerazione se non come un impiccio da cui liberarsi senza troppa fatica. Ma proprio l’inutilità di vertici ormai superati dimostra che sono possibili altre strade.
Basti pensare al boicottaggio messo in atto, negli Usa, da associazioni di consumatori, di fedeli di qualche religione, di appartenenti a gruppi etnici.
Un boicottaggio nei confronti di una marca di merendine o di un produttore di bevande incide profondamente sulle decisioni delle aziende.
Costrette a cambiare testimonial, spot, ingredienti, politiche aziendali. Una dimostrazione concreta di ciò che si può fare con poco sforzo e con grande capacità di coinvolgere amici, coetanei, gruppi con interessi comuni.
Si può spaventare un G20 molto più che con le proteste di piazza.
A patto che cambiare marca di patatine non sia un sacrificio eccessivo.
Augusto Grandi