“Se le api scomparissero dalla faccia della Terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. L’enorme diffusione di questo monito, pur trattandosi di una falsa attribuzione ad Einstein, che ha guadagnato credibilità sfruttando il cosiddetto argumentum ab auctoritate, ci fa capire quanta ammirazione entusiastica susciti presso l’uomo, questo piccolo insetto.
L’abilità con cui costruisce un alveare di celle esagonali, perfettamente ordinate in modo simmetrico; laboriosità, altruismo, efficienza ed ordine, sono solo alcune tra le caratteristiche di cui ancora ci meravigliamo, e diciamolo, che ammiriamo della famosa apis mellifera, immaginando forse utopisticamente una società simile tra gli esseri umani: una società perfetta, appunto.

Sia chiaro, il fatto che questo aforisma sia un falso non significa che dica il falso. La comunità scientifica è ormai unanime nell’affermare che pesticidi, OGM e onde elettromagnetiche mettano in serio pericolo la vita delle api.  Un neanche troppo recente grido d’allarme di Greenpeace ci mette in guardia da un imminente futuro in cui gli impollinatori del pianeta saranno esclusivamente dei droni, i Robobees. Possiamo davvero “permetterci” di perdere le api?

Se osserviamo un po’ più da vicino questa irreprensibile organizzazione notiamo che si tratta di una società matriarcale, divisa in tre caste: regine, fuchi e operaie, incaricate di compiere tutte le attività necessarie al mantenimento e alla difesa dell’alveare. Tutto ciò è permesso da un potente sistema di comunicazione attraverso ferormoni e delle tipiche “danze” che si compiono per fornire informazioni circa la presenza di cibo o per mandare l’allarme evitando un pericolo.

Forse la maggior parte di noi “invidia” l’organizzazione perfetta e l’efficienza di questo animale, ignorando che ciò è possibile, grazie ad un profondo altruismo e interdipendenza tra i componenti della comunità ed è conseguenza di una gratuita e trasparente comunicazione.

Penso che la società odierna sia ancora troppo spesso concentrata e ossessionata dall’efficienza e dagli obiettivi personali, illudendosi che questo comportamento porti a risultati positivi anche sul piano comunitario. Credo che questo atteggiamento al contrario conduca verso sentimenti di intolleranza e diffidenza. Non dimentichiamo che la società “perfetta” delle api, è invece il risultato di cooperazione, altruismo, fiducia e di un’eccellente comunicazione.

Giada Strambini

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