Agli sgoccioli dell’Ottocento una minaccia verde si aggirava per l’Europa: l’assenzio.
Da una combinazione di genepì, anice, finocchio e maggiorana selvatica prima pestate e poi macerate e distillate fino ad ottenere un liquore amaro color pera.
Gli antichi greci e romani l’avevano usato come antisettico.
Pierre Ordinaire, medico francese e fuggito in Svizzera dopo la rivoluzione francese, ne aveva creato una variante come tonico per i suoi pazienti.
Somministrato ai soldati francesi nei territori d’oltre mare contro la malaria.
La gente si innamorò di questo aperitivo e del suo rituale:
versare un misurino in un bicchiere, diluire il liquido con acqua ghiacciata filtrata attraverso una zolletta di zucchero, fino a rendere il liquore di un colore lattiginoso. L’immediata visibilità determinata dal colore crebbe dopo il 1860 per la disponibilità di alcol a basso costo derivato dai cereali.
Primi artisti e bohémien come Vincent Van Gogh, Paul Gauguin, Oscar Wilde ed Edgar Allan Poe, poi il suo fascino coinvolse tutti.
La moda a basso costo:
Nel 1870 un bicchierino costava meno di dieci centesimi, molto meno che un bicchiere di vino e nove volte su dieci il rito dell’aperitivo era a base di assenzio.
Interi quartieri di Parigi emanavano il profumo tra le cinque e le sei di pomeriggio, noto come l’heure verte (l’ora verde).
Il consumo medio in Francia passò dagli 0,04 litri a persona nel 1875 agli 0,6 litri nel 1913.
Poi si innescò la campagna moralizzatrice contro la sua assunzione.
Il 4 maggio del 1868 il “Times” avvisò i lettori che l’assenzio minacciava “di diffondersi come in Francia e di diventare pericoloso come l’avido consumo di oppio in Cina”.
“L’assenziomania” iniziava a essere percepita come una patologia medica in sé, distinta dall’alcolismo. In Svizzera l’ultima goccia fu nel 1905.
Analisi successive hanno dimostrato che non era causa di allucinazioni,
anche se contiene il tujone, la sostanza può essere tossica solo se assunta in grandi quantità. Le dosi di liquore che si dovrebbero ingerire causerebbero morte per avvelenamento da alcol molto prima. Il vero problema dell’assenzio è che era molto alcolico, con gradazione dal 55 al 75%.
Muore l’assenzio e trionfa il vermut.
Un vino liquoroso aromatizzato creato nel 1786 a Torino da Antonio Benedetto Carpano, che scelse questo nome riadattando il termine Wermut, col quale in tedesco viene chiamata l’artemisia maggiore.
La sua gradazione e composizione è regolamentata dalla legge italiana che definisce vermut un prodotto di gradazione alcolica non inferiore al 16% e non superiore al 22% in volume. Contiene artemisie che costituiscono l’elemento caratterizzate:
l’assenzio maggiore (Artemisia absinthium L.), camedrio, cardo santo, centaurea minore, coca, issopo, maggiorana, melissa, dittamo, timo, salvia, fiori di camomilla, di luppolo, di sambuco, di zafferano, chiodi di garofano, frutti di anice stellato, finocchio, coriandolo, cardamomo, arancio, macis, noce moscata, haba tonka, vaniglia, radice di angelica, calamo aromatico, enula campana, galanga, genziana, imperatoria, ireos, zenzero, scorze di cannella, china e melograno, legno di quassia e succo di aloe.