L’ipotesi è che modulando la composizione del microbiota intestinale si possa potenziare la risposta all’immunoterapia. Pre e probiotici potrebbero arrivare a dare man forte agli inibitori dei checkpoint immunitari (Anderson Cancer Center in Texas)
I batteri presenti nell’intestino potrebbero influenzare la risposta all’immunoterapia, ultima frontiera della terapia oncologia. Uno studio condotto su pazienti affetti da melanoma in fase avanzata e in trattamento con inibitori del checkpoint immunitario PD-1. La ricerca ha dimostrato che la risposta alla terapia si correla con la presenza di un determinato microbiota intestinale e con la presenza di specie batteriche particolari.
Lo studio è stato presentato a Orlando nell’ambito dell’ASCO-SITC Clinical Immuno-Oncology Symposium 2017.
Gli autori di questa ricerca hanno raccolto campioni di microbiota orale e intestinale (dalle feci) da 233 pazienti affetti da melanoma in fase avanzata che stavano per iniziare un trattamento; 93 di loro sono stati trattati con anti-PD-1. La composizione del microbiota è stata valutata con una tecnica di biologia molecolare (sequenziamento 165 rRNA), in grado di individuare i diversi batteri in base alle loro ‘firme’ molecolari. E’ stata inoltre valutata la composizione e la numerosità delle diverse cellule immunitarie all’interno di campioni tumorali dei pazienti.
Lo studio ha permesso di evidenziare la presenza di differenze significative a carico del microbiota intestinale dei pazienti che avevano mostrato una risposta alla terapia con inibitori di PD-1, rispetto a quello dei non responder. In particolare, i pazienti che hanno mostrato una buona risposta al trattamento con inibitori di PD-1, presentavano una maggior presenza di batteri Clostridiales (in particolare quelli della famiglia delle Ruminococcaceae). I non responder dal canto loro mostravano invece una maggior presenza di batteri Bacteroidales rispetto ai responder. Risultati interessanti su un piccolo campione, di 43 pazienti (30 responder e 13 non responder).
Per l’infiltrato immunitario dei campioni tumorali sono emerse delle differenze. I responder presentavano una maggior concentrazione di cellule CD8+ e batteri della famiglia delle Ruminococcaceae nel microbiota intestinale.
Nei progetti futuri di ricerca c’è il cercare di scoprire come modificare la composizione del microbiota intestinale per aumentare le chance di risposta all’immunoterapia. Le tecniche a disposizione sono l’impiego di pre e probiotici per potenziare la presenza di alcuni batteri nell’intestino.
Il microbiota è centro di ricerche di ogni genere e in ogni campo della medicina vista anche per la sua schiacciante superiorità numerica (i batteri battono in numerosità le cellule dell’organismo con un rapporto di 10 a 1): il microbiota influenza in qualche modo lo stato di salute o di malattia dell’organismo. Nel solo intestino si trovano circa 100 trilioni di batteri e oltre un migliaio di specie diverse. Ogni parte del corpo presenta un microbiota con una composizione diversa e specifica. La dieta e l’esposizione a determinati batteri nelle prime fasi della vita sembrano avere un ruolo importante nell’influenzare la composizione del microbiota.
“L’immunoterapia sta rapidamente migliorando la vita di una serie di pazienti oncologici – afferma Lynn Schuchter dell’ASCO – purtroppo però non funziona su tutti e non sappiamo ancora perché. Questi risultati aprono la porta a nuovi approcci per potenziare la risposta dei pazienti agli inibitori del PD-1, magari attraverso la ‘correzione’ della composizione dei batteri intestinali”.
Lo studio presentato all’ASCO-SITC è stato finanziato dal programma Moon Shot presso l’Anderson Cancer Center, dal Melanoma Research Alliance e dal Parker Institute for Cancer Immunotherapy.