Fra il 13 e il 15 febbraio, con la fine de Reich alle porte, 900 bombardieri lanciarono migliaia di tonnellate di bombe provocando oltre 200mila vittime civili.

Dresda evoca orrore. La stessa di Hiroshima o Nagasaki, Amburgo e Tokyo.

Per Dresda c’è, a 75 anni dal bombardamento un orrore in più, quello damnatio memoriae.

Condivisa tra i comandi inglesi e statunitensi (per favorire l’avanzata russa in Germania, o per mostrare i muscoli a Stalin, facendogli vedere come la Germania nazista avrebbe potuto essere definitivamente sconfitta per via aerea, senza russi.

La ricca capitale della Sassonia, sede dalla fine del XV secolo dei principali elettori della casata Wettin, i quali l’avevano resa magnifica, facendone una città mercantile, specie nel periodo barocco: celebrata da Goethe, che la definì “meravigliosa”.

“la Firenze dell’Elba” stesa a cavallo dell’omonimo fiume. Ricca di chiese, palazzi principeschi e gentilizi della corte, pinacoteche, teatri, raccolte d’arte tra le più importanti al mondo.

900 bombardieri dell’aviazione inglese e statunitense sganciarono migliaia di tonnellate di bombe, provocando la cosiddetta “tempeste di fuoco”.

Resoconti di piloti della Raf vedevano sollevarsi sono alla loro quota (800/1000metri) travi, mobili, pali e pezzi di corpi carbonizzati, nelle trombe d’aria generate dallo scontro tra i 1500 gradi prodotti al suolo dalle bombe e l’aria fredda di febbraio, risucchiata dai dintorni della città in quel forno, da dove pochissimi erano in grado di fuggire. Per la temperatura, parti di edifici si fusero in blocchi con gli arredi e i cadaveri.

Aspettavano la fine della guerra i residenti in città e i profughi che l’avevano riempita, tranquillizzati dalla sua non strategicità.

Morirono tutti nell’ “olocausto di fuoco”. La Firenze dei Wettin si trasformò in una torcia.

Il bombardamento lasciò obiettivi militari e di potenziale difendibilità a differenza dell’abitato civile su cui si accanì.

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