di Erica Poli e Maurizio Grandi
4000 anni fa, tra i fiumi Tigri ed Eufrate nasceva la civiltà.
La mezzaluna fertile: dalle prime comunità neolitiche a Sumeri, Assiri, Babilonesi.
La scrittura, le leggi, l’impero.
I miti della Dea: Ishtar, Inanna, dea del primordiale, dea guerriera e dea della vita, meravigliosa e terribile.
La lingua assira, babilonese, e poi fenicia, aramaica, e poi ebraica, siriana, e infine araba, tutte collegate nella grande radice semitica.
Semiti: dogmatici per natura, detentori delle religioni del Dio del deserto e di un pensiero essenziale, poco incline al dubbio e alla filosofia del mondo greco, perché nato e cresciuto nel nulla assoluto del deserto, che produce l’astrazione da tutto verso un Dio che è tutto e da cui non si prescinde.
Dai Semiti le religioni monoteiste, quella Ebraico-Cristiana e quella Islamica, verranno esportate in Occidente.
Dal deserto i beduini nomadi, figli del vento, della luce, del nulla delle dune di sabbia incorrotta, si spingono sino ai territori fertili della mezzaluna.
La corsa al Mediterraneo incontra nei secoli un’Europa corrotta.
Al tempo del tardo Impero Romano, che si approssima ad un buio futuro medioevale, il mondo arabo conserva la forza di un passato classico ed incommensurabile.
I due mondi si incontreranno, commerceranno, confliggeranno, tra religione, cultura e merci.
Fino ad oggi.
E’ T.H Lawrence, che, nei Sette pilastri della saggezza, delinea l’amaro incessante conflitto tra gli uomini capaci di sognare di giorno e dunque mettere in pratica i propri sogni e gli uomini che misurano la vita sui profitti.
Fu così che il sogno e le promesse sincere di Lawrence, si scontrarono con gli interessi britannici e francesi in Mesopotamia.
Poi è storia più recente, sino al 1920, quando a Sanremo si svolge quella che avrebbe dovuto essere la Conferenza della Pace e pose invece insolubilmente fine alla Pace nel Medioriente.
La commenta Gabriele D’Annunzio, pieno di sdegno per quello che definisce un ritrovo di vili biscazzieri.
“Il mondo è diventato vile, (…) non vuole e non sa più combattere” scrive il vate.
Conoscere la storia, significa capire il presente, conditio sine qua non per anche solo sperare di trovare strade per cambiarne l’andamento.
C’è un libro, omaggio, che attende chi volesse leggere questa storia e penetrare le trame di un passato che fa capire perfettamente la scacchiera odierna.
https://www.etnopharma.com/la-mesopotamia-e-biscazzieri
E le Donne? Dove sono le eredi di Inanna e Ishtar? Le discendenti di Semiramide, che edificò Babilonia, i suoi palazzi, i suoi giardini pensili?
Vivono in Siria, Turchia, Iraq, Iran.
Si chiamano Reyaneh, Fatemeh, Romina: uccise, decapitate dal padre o dal marito perché rispettivamente una aveva fatto tardi, una voleva il divorzio dal marito violento, l’altra aveva una relazione disapprovata dal padre.
Nonostante i delitti abbiano sconvolto l’Iran, si chiamano ancora delitti d’onore e non sono puniti come delitti “veri e propri”.
Se Reyaneh, Fatemeh e Romina sono vittime da ricordare per la loro storia personale, in Mesopotamia ci sono già moderne Ishtar che lottano per loro e per i diritti umani.
Narges Mohammadi è in carcere dal 2016 per questo e ora insieme ad altre compagne di detenzione versa in carcere affetta da Covid senza cure.
Reham Yacoub invece è stata uccisa proprio in agosto, “naturalmente” da sconosciuti.
Entrambe attiviste per la tutela dei diritti umani, in un Iran dove Amnesty denuncia repressioni durissime e uccisioni continue di minorenni.
Loro, le moderne Ishtar, non hanno paura di morire per un sogno.
Forse il futuro si chiama Narges o Reham, o qualunque altro nome dell’Anima che ha ancora coraggio di credere in qualcosa e lottare anche a costo della vita, per un ideale, per una promessa.
Dopo che ogni mese su Ongood abbiamo postato articoli sulle grandi donne del passato, questo mese parliamo delle grandi donne di oggi in attesa di quelle di domani.
Non sono figlie di questa Europa stanca di valori e svuotata di senso, corrotta come l’Impero Romano alla fine dei suoi giorni. Sono figlie della Mezzaluna fertile che diede i natali alla civiltà e magari attraverso il dialogo tra le donne e con le donne potrebbe dare nuovi natali a una “nuova” civiltà.
Ma ci vorrebbe almeno un canale di pace, al posto del canale di Suez, un percorso che unifichi i popoli e i saperi, non che li divida in razze e in discipline, che rispetti le biodiversità e le differenze culturali armonizzandole.
La pace tra i popoli è solo un’utopia?
Noi ci crediamo ancora, e crediamo che il mezzo essenziale per crearla sia la cultura.
Per questo con enormi sforzi e superando difficoltà burocratiche, organizzative, economiche, abbiamo dato vita al Corso di Antropologia della Salute nei Sistemi Complessi.
Lo abbiamo fatto per amore, come per amore sono morte le Donne della Mesopotamia.
Per amore ha senso vivere e persino morire, piuttosto che vivere senza amore.