Riprendiamo il tema dantesco, per proseguire il viaggio al di là dello spazio e del tempo, e celebrare ancora una volta, in questo 2021, il settecentesimo anniversario della morte del Sommo Poeta.

La Commedia risulta più che mai attuale oggi, perché infonde la speranza di riuscire presto anche noi a “riveder le stelle”, perché è il Tempo che lega il nostro passato, al nostro presente e al nostro futuro, e in questa catena l’eternità si avvolge con spirali che tessono la trama della nostra Storia.

Ciclicità, eternità, linearità, sincronicità.

Nella Divina Commedia, le molteplici vesti del tempo si differenziano, coesistono e si intrecciano in un dialogo sincretico. Sono i diversi volti del tempo greco a guidarci nel viaggio dagli inferi al paradiso: krόnos, aiόn e kairόs e forse anche skopós.

Krόnos (in greco χρόνος) è il tempo ciclico, rituale, e ripetitivo della quotidianità, scandito dai cicli naturali delle stagioni, dal susseguirsi di giorno e notte, di nascita e morte. Questo è il tempo dei fiori che sbocciano e appassiscono per poi volare nel vento. È il tempo della nascita, a cui segue sempre, inevitabilmente, ciclicamente la morte. Nella Divina Commedia, krόnos è il tempo in cui vive Dante nella sua dimensione terrena, mortale, cadenzata dai ritmi definiti dalla legge di causa-effetto che orchestrano la vita quotidiana. Siamo intorno all’anno 1300 a Firenze, in mezzo alle lotte politiche prima tra Guelfi e Ghibellini e poi tra Guelfi Bianchi, che lottano per l’indipendenza dei Comuni, e Guelfi Neri, che vogliono invece che i Comuni restino sotto il dominio del Papa.

Aiόn (αἰών, dall’arcaico αἰϝών, aiwón) è il tempo immutabile e trascendente che sigilla l’eterno, in uno stato destinato a non mutare. È l’eterno presente, assoluto, il moto perpetuo, definito come una durata senza limiti che perennemente esiste e si contrappone a Krόnos, poiché non implica la ciclicità del cambiamento. Aiόn è il Tempo che esiste nella dimensione immanente in Paradiso, Inferno e Purgatorio denteschi, regolati dal principio di eternità divina. Tutto permane nell’immobilità di un eterno creato.

Kairόs (in greco Καιρός) significa “il tempo nel mezzo”, perché nasce nell’incontro tra krόnos e aiόn, è “il momento giusto o opportuno”, “il momento supremo”. Rappresenta quel periodo di tempo indeterminato nel quale “qualcosa” di speciale accade: il Viaggio dantesco. Sono i sette giorni che secondo il critico letterario Natalino Sapegno, inizierebbero l’8 aprile del 1300, primo giorno della settimana Santa, quando Dante avrebbe iniziato la sua discesa agli inferi, fino al 15 aprile, quando si sarebbe concluso il viaggio celeste.

Skopós rappresenta l’intentio soggettiva, è il fine, la meta. Implica la ricerca, l’indagine, l’intenzione, l’esplorazione, l’osservazione e la scelta, per la realizzazione. È nel tempo di kairós, nel momento propizio, che skopós può giungere a compimento; in quel frangente temporale che vincola il presente al futuro e termina nel momento stesso in cui è raggiunto. Il viaggio di Dante alla ricerca di Beatrice, verso la Candida Rosa, per l’espiazione, la grazia, la testimonianza, la visione di Dio.

“A l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e ’l velle,
Sì come rota ch’igualmente è mossa,
l’amor che move il sole e l’altre stelle”

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